CASTIGLIONE : DAL LOCALE AL GLOBALE PER UN’IDEA DI FUTURO
Riparliamo di futuro. Non è molto di moda, visto che politica e mass media preferiscono glissare l’argomento, concentrando l’attenzione su una quotidianità fatta prevalentemente di polemiche, di gossip e, spesso, di banalità e volgarità, che vengono divulgate soprattutto dai programmi televisivi e dai rotocalchi “femminili”. E invece c’è molto bisogno di parlare di futuro: quale futuro per Castiglione, per l’Italia e per il mondo. Non è retorica. Mai come oggi il destino del pianeta si intreccia con quello di tante piccole comunità locali sparse per il globo. E il motivo è molto semplice: con le multinazionali che dominano il mondo e con la politica (o almeno gran parte di essa) che ha rinunciato a svolgere la propria funzione di garante sociale, con la devastazione ambientale, le emergenze sociali e le ingiustizie globali che tale situazione determina, i cittadini possono – e a mio giudizio, devono – assumere un’iniziativa forte per rinnovare la politica, partendo dal livello locale, e per cominciare da subito il cambiamento, con i propri comportamenti quotidiani, con la rivendicazione di politiche di salvaguardia ambientale e di tutela sociale, con l’utilizzo del proprio potere di cittadini-consumatori per acquistare certi prodotti e non altri, per orientare il mercato in senso etico ed eco-compatibile, anziché essere corresponsabili del mantenimento di un sistema ingiusto e distruttivo.
Chiedersi “Che Castiglione – che Italia, che mondo – vogliamo per il nostro futuro?” è una domanda che oggi ha valore in sé, prima ancora del tipo di risposta che intendiamo dare, perché ci obbliga a riflettere sullo stato presente, sull’inquietudine della moderna società contemporanea, sulle paure, sui rischi e sulle incertezze che pesano quotidianamente su ognuno di noi. È una domanda che, purtroppo, non appartiene alla maggior parte della politica, troppo presa dal vortice delle beghe inutili e generalmente incomprensibili ai non addetti ai lavori, troppo impegnata a parlarsi addosso, in modo autoreferenziale, comunque convinta che il mondo in cui viviamo è il miglior mondo possibile e che, per il futuro, basta avere fede nel progresso, nello sviluppo e nella modernizzazione, e tutto si aggiusterà, grazie al “libero mercato”. Purtroppo la realtà è ben diversa, e ben tragica. Il “libero mercato” è dominato, a livello globale, da un gruppo ristretto di società finanziarie multinazionali, che agiscono indisturbate, senza alcun controllo, e con il beneplacito di organismi internazionali – Fondo Monetario, Banca Mondiale e Organizzazione Mondiale del Commercio – che non hanno alcuna investitura democratica e che decidono, al di sopra degli Stati, le regole dell’economia mondiale. Le conseguenze sono lì tutte da vedere: distruzione dell’ambiente e giganteschi sconvolgimenti climatici di cui cominciamo ora a pagare le conseguenze (anche a Mantova, con la siccità o con il disastroso tornado di Guidizzolo) e aggravamento delle ingiustizie sociali in tutto il mondo.
L’obiettivo che viene posto è uno solo: garantire il massimo dei profitti agli investimenti del capitale, smantellando i servizi pubblici, privatizzando beni comuni e attività strategiche nazionali, facendo pagare ai più poveri, ai lavoratori e all’ambiente il prezzo della “competitività”, con un aumento della povertà e della precarietà, con la riduzione del salario reale e peggiori condizioni di lavoro, con inquinamento e distruzione dell’ambiente, con riflessi negativi sulla salute dei cittadini: sono alcune delle conseguenze generate da un sistema in cui l’economia, dominata dalla speculazione finanziaria, sovrasta la politica e sta divorando la società. E le condizioni drammatiche del pianeta, con le previsioni catastrofiche per i prossimi anni che tutti conosciamo, dovrebbero essere un campanello d’allarme per tutti. Ecco, da qui io credo si deve partire per ragionare sul futuro che vogliamo costruire, a Castiglione: dalla crisi epocale che stiamo vivendo, dal giudizio sulla globalizzazione e sull’attuale fase storica del capitalismo mondiale, dalla presa d’atto del fallimento del progetto della modernità, per arrivare alla conclusione che c’è bisogno di cambiamenti radicali negli stili di vita, nei rapporti tra economia e società, tra società e territorio, tra società e ambiente, tra politica e cittadini, per migliorare la qualità della vita e la salute dei cittadini.
Ritornando a Castiglione, mi ha incuriosito il fatto di trovare, nel programma della Casa delle Libertà, alcune affermazioni interessanti sulla “qualità della vita”, la “partecipazione diffusa dei cittadini” e lo “sviluppo compatibile”. Ma come stanno le cose? Sulla partecipazione dei cittadini avremo modo di constatare, già dai prossimi mesi, modalità e consistenza della sua attuazione. Intanto, però, non si può non rilevare quanto carente sia stato il livello di partecipazione degli ultimi anni, anche rispetto a decisioni importanti come quella del Piano di Governo del Territorio, che prevede di continuare con gli stessi ritmi di crescita della popolazione degli ultimi cinque anni. Ma chi ha deciso che Castiglione debba continuare a crescere in modo così dirompente? E sulla base di quali valutazioni? E in base a quali elementi si può sostenere che una crescita così massiccia possa essere in sintonia con uno “sviluppo sostenibile” e con il miglioramento della “qualità della vita”? Semmai è vero il contrario. “Nel periodo 2001-2005 – si riconosce nella ricerca socio-economica finalizzata all’elaborazione del PGT – si evidenzia un aumento del trend di crescita paragonabile a quello avvenuto nei primi anni ‘60 in concomitanza della dichiarazione di zona depressa”. L’amministrazione comunale vuole dunque perseguire una crescita paragonabile a quella degli ultimi cinque anni, che a sua volta corrisponde a quella del boom degli anni ’60. Già ora le conseguenze negative di tale livello di crescita sono sotto gli occhi di tutti, in termini di distruzione e devastazione del territorio, di caos urbanistico, di traffico e di smog, di strade senza parcheggi, di carenza di servizi e di peggiori condizioni di vivibilità che riducono la qualità della vita dei cittadini: tutte situazioni negative che, se si realizzeranno i progetti della giunta, tenderanno inevitabilmente a peggiorare. A questo punto qualche domanda è lecita. Ma c’è proprio bisogno di una tale crescita? Perché continuare con questi ritmi? Chi ci guadagna? Non la comunità castiglionese, ma le società immobiliari, ad esempio, – certe società immobiliari, ancora ben rappresentate nell’amministrazione cittadina – certamente sì. Il dibattito è aperto, ma se vogliamo costruire un futuro migliore sarà meglio che i cittadini la smettano di delegare tutto alla politica e comincino a far valere il loro diritto-dovere di partecipare alle scelte politiche e amministrative, per cercare di essere padroni del proprio destino.