L’ABETE DA SEGARE
A partire da questo mese la rubrica assume nuove forme. Abbandonata la veste monografica (messa nell’armadio, almeno, anche se alcune volte verrà rispolverata), cercheremo di dare qualche notizia in più sul mondo dello sport, spesso del calcio, e la sua letteratura.
1. Italia beffata dal tandem Polonia-Ucraina nell’assegnazione dell’Europeo 2012. Il fatto che la manifestazione sia stata dirottata (otto voti contro quattro, mica cotiche) verso paesi dalla storia calcistica quasi nulla ci induce ad un paio di riflessioni semplici: presentarsi a questo appuntamento con Franco Carraro regista occulto, Abete (vice storico di Carraro) presidente FIGC, Matarrese Presidente di Lega, personaggio non proprio limpido, non è stata una grande pensata in termini di immagine: la figuraccia del Ministro Melandri che scoppia in lacrime subito dopo la bocciatura ne è una tremenda prova del 9. Per chi ricorda la maxispeculazione della montezemoliana Italia ’90 c’è almeno una piccola consolazione. Si è evitata una delle più grandi mangerie pubbliche degli ultimi vent’anni, con la scusa di stadi troppo vecchi, troppo grandi, troppo colorati, troppo insicuri, troppo. In fondo ogni seggiolino dello Stadio San Nicola di Bari, città dei Matarrese, era costato solo un milione di lire… vuoi che non si dovesse ristrutturare?
2. Romario, attaccante brasiliano di PSV, Vasco da Gama, Barcellona e tanti altri club avrebbe, stando alle ultime statistiche, superato quota mille gol, impresa riuscita solo a O’ Rey Pelè. Campione del Mondo con Brasile nel ’94 ed Europeo con il Barcellona di Cruyff, è stato un vero asso del gioco d’area di rigore, in velocità, sfruttando il caratteristico tiro di punta del calcio a 5. Il suo è un football acrobatico, pieno di estro e di furbizia. Per capire cosa sia il futebol per i brasiliani, e perché il Baixinho abbia un posto così speciale nel loro cuore consigliamo caldamente la lettura dello splendido volume di Alex Bellos, Futbol, Baldini&Castoldi (9 euro). Il calcio visto da un punto di vista più complesso e sociale, per ripercorrere, assieme alla storia dei grandi giocatori e dei grandi eventi, anche le vicissitudini di uno stranissimo Paese.
3. Ci voleva la mia laurea per vedere l’Inter vincere uno scudetto. Mai evento fu più simbolico, proprio nell’anno della scomparsa di Facchetti e dell’esplosione di Moggiopoli. È pur vero che la situazione del campionato era oggettivamente ambigua: il super squadrone morattiano è stato costruito anche sulle disgrazie juventine (Ibra, Viera…), il Milan è partito con la penalizzazione e senza poter fare mercato: ciononostante lo scudetto nerazzurro è meritatissimo, frutto del bel gioco corale, vanto del ciuffato Mancini. Per chi sostiene che questo tricolore sia senza valore riporterò le parole dell’avvocato Mattia Grassani, non tifoso, massimo esperto italiano di diritto sportivo: “C’è una enorme differenza tra chi ruba una borsetta (Inter, affaire Telecom, passaporti falsi), chi tenta un colpo in banca, sbaglia il giorno e porta via pochi euro, da vero pirla (resta sempre un ladro, in questo caso il Milan…) e chi commette una serie di tentati omicidi, di cui alcuni riusciti (per non uscire di metafora, Juve)”. Per la cronaca, conto di prendere, al massimo, una seconda laurea, tra qualche anno…
4. È scomparso all’età di 61 anni, per un infarto, Alan Ball, centrocampista che Lord Ramsey utilizzò, appena ventenne, mezz’ala destra nell’undici titolare dell’Inghilterra Campione del Mondo, nel 1966. Uno di quelli che hanno fatto la storia dello sport in silenzio, senza proclami. Se ne va un baronetto con il dono raro dell’assist, bandiera dell’Everton e memoria del primo calcio a colori della storia europea.