I VOLI GIOISI E FATALI DI
ROBERTO CRIPPA

di Fabrizio Migliorati

Dal 20 gennaio al 24 febbraio si è svolta, presso la galleria BoxArt di Verona, la retrospettiva sull’opera di Roberto Crippa (Monza 1921 – Bresso 1972), una delle personalità più interessanti del panorama informale italiano. L’esposizione, curata da Roberto Pasini (docente di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Verona), ha approfondito tutti i momenti principali della ricerca dell’artista monzese. Le prime prove giovanili si situano in una temperatura post-cubista, e l’opera del 1947 ne è un chiaro esempio. “In breve, nel giovane inquieto lombardo il picassismo si trasforma in un alfabeto geometrizzante […] quasi a voler fomentare un’algebra delle forme” (Roberto Pasini, La terra, il cielo. Il sogno di Icaro, in Roberto Crippa. Il segno, la materia, il volo, catalogo della mostra, pag.6) e la superficie viene ripartita in poligoni monocromatici più o meno regolari. Mondrian è stato metabolizzato. Si giunge, così, alla fase forse più conosciuta dell’artista, quella delle Spirali dove, come per una doppia sostituzione calcistica, il neopicassismo e il Movimento Arte Concreta lasciano il posto allo Spazialismo e al Nuclearismo. Sicuramente due attaccanti di razza. Queste composizioni sono imperniate su due registri: il fondo e le spirali. I fondali rappresentano una piccola enciclopedia di mondi possibili sui quali si stagliano i segni lasciati dal passaggio degli elettroni circolanti intorno al nucleo o quello delle acrobazie aeree dell’artista: segni veloci, vorticosi, filiformi ma con il gene della materia. La presunta bidimensionalità si rivela complessa tridimensionalità istigata dal moto infinito delle particelle. In questa sua folle corsa, incontriamo un momento di ripresa del passato: i Totem. Ma qui, non possiamo non riconoscere la sua mano, il suo segno. Sotto la spinta referenziale, vi è la sintesi della vorticosità spiraliforme precedente. Queste presenze ancestrali, che come in Freud sono progenitrici e spiriti tutelari, sono spirali antropoformizzate: Crippa ha abbassato il regime del motore. Alla fine dei Cinquanta assistiamo ad un’immersione nella materia, tra sugheri, ferri e legni. Burri? No. Nel maestro di Città di Castello questi sono “mezzi per gridare la povertà del mondo e la nudità dello spirito” (Pasini, idem, pag.7) mentre in Crippa vi è una manifesta autoreferenzialità: il legno è legno.Ma Icaro vuole volare. E vuole farlo con gioia. L’ultimissimo periodo è una festa coloristica, una vivacità espressiva, una circolarità felicemente chiassosa. È l’attimo prima di una morte improvvisa, l’incoscienza infantile candidamente vigorosa. L’artista si lancia nella sua ultima acrobazia, la più bella, la più spettacolare: quella che lo consegnerà per sempre ai posteri. Si schianterà un giorno di marzo del 1972 all’aeroporto di Bresso con il suo biposto. La sua parabola è stata quella di un aviatore-artista, anch’egli misteriosamente colpito dall’Evento Violento Non Identificato di Peter Greenaway (The Falls; Voli fatali), che l’ha reso immortale.
L’evento stesso della morte lo ha reso tale: eterno volante.


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