TSUNAMI ELETTORALE
Era il candidato da battere e ha stravinto: uno tsunami. Probabilmente è vero che, in queste elezioni amministrative, le vicende nazionali e l’impopolarità del governo Prodi hanno dato una mano a Paganella e al centrodestra, come del resto è successo un po’ in tutt’Italia, ma sarebbe davvero imperdonabile, oltre che da irresponsabili, usare questo argomento per giustificare il pessimo risultato ottenuto dal centrosinistra castiglionese e bypassare una seria analisi del voto. Avevo messo nel conto una possibile vittoria di Fabrizio Paganella al primo turno, ma non pensavo certo che si potesse arrivare ad una percentuale così devastante. Il 61 per cento dei voti a questo centrodestra, a Castiglione, è la sconfitta della politica. Nulla da paragonare alle maggioranze assolute della Democrazia Cristiana degli anni sessanta che, pur costruite all’interno di una logica clientelare e di potere, facevano riferimento a un sistema di valori e di ideali, più o meno condivisibili, che avevano comunque una loro dignità politica e culturale. Ma ora? Cosa c’entra Franco Nodari con la politica? Cosa c’entra l’ostentazione di potenza e di opulenza che ci ha dato la cena privata delle mille persone di Viale Boschetti? E le altre decine di cene? E i gadget elettorali? E le pressioni di certi industriali nei confronti dei propri dipendenti? E la girandola di promesse clientelari? E la moltiplicazione dei centri di potere? Non servono idee, né ideali, né programmi elettorali, che sono stati sostituiti da slogan propagandistici. Sono i soldi che contano, quelli spesi dall’amministrazione comunale per le rotonde, per rifare il viale o per la piscina coperta, non importa quanto ci costeranno o quanto potevano essere meglio utilizzati, perché ciò che conta è che lì sarà sempre visibile la testimonianza della modernità di chi li ha spesi. E ci sono poi i soldi pagati per la campagna elettorale, tanti… ma un buon investimento. Dunque, vince chi ha i soldi, chi spende di più, chi promette di più, chi può promettere di più… poi si vedrà. L’errore madornale dell’ala moderata del centrosinistra castiglionese è stato quello di aver pensato che fosse possibile vincere le elezioni sfidando il centrodestra sul suo terreno, contrapponendo risotti a cene, gadget a gadget, con iniziative politiche di basso profilo, rinunciando addirittura ai propri simboli e liberandosi della “zavorra” della sinistra cosiddetta radicale. “Per vincere bisogna conquistare il centro”, e per conquistare il centro bisogna essere “moderati”: così Ds, Margherita, Sdi e Italia dei Valori si sono imbarcati nel famigerato “Progetto Civico” che, in un colpo solo, ha liquidato Ulivo, Unione e una qualsiasi idea di un progetto alternativo, aprendo il varco allo tsunami di Paganella. Per cui, con la rottura dell’Unione e con tutte le polemiche che ne sono seguite, anche con toni fuori dalle righe, tutta l’opposizione a Paganella – presentatasi in ordine sparso, un’armata Brancaleone, e senza una proposta politica forte, valida e convincente – è apparsa poco credibile, direi inconsistente, e comunque senza prospettiva. Poteva andare diversamente? Probabilmente no. La vittoria la si costruisce in cinque anni, non in tre mesi. Forse, però, si poteva perdere con più dignità, o magari rischiare di vincere, con un’alleanza politica chiara di tutte le forze di opposizione, sulla base di un progetto alternativo altrettanto chiaro che, partendo dagli elementi di critica alla politica della giunta, fosse in grado di parlare alla gente, di coinvolgerla e di sollecitarne i consensi. In questo modo, forse, era possibile anche mettere in discussione l’egemonia culturale della destra, che invece è uscita rafforzata da queste elezioni. In ogni caso poteva essere l’occasione per avviare un processo di costruzione di una politica partecipata e di una presenza unitaria del centrosinistra sul territorio. Ciò, mi sembra, è quanto bisogna cominciare a fare ora, liberando il terreno dalle macerie e ricostruendo l’unità del centrosinistra.
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