I LIBRI DELLA CIVETTA



Quartetto di cannucce
Vanna Mignoli
Lieto Colle
euro 10

“Scrivo versi brevi/ come il mio fiato-/ è sempre stato/ corto- non sono mai/ riuscita a correre/ a salire un pendio-/ io-//.”
Se non fosse perché la formula è abusata, se non fosse perché l’autocitazione è riservata a quelli veramente bravi o a chi si scrive addosso, si potrebbe rimandare alla nostra precedente recensione di Di sillaba e di rima (Manni, 10 euro) e chiudere la questione in quattro righe. Ma, come avrete intuito, non è il nostro stile. Vanna Mignoli, al contrario, un suo stile ce l’ha: sempre più certo, sempre più riconoscibile. La lirica che ho messo in apertura fa anche da ouverture a questa piccola e preziosa raccolta di poesie (la terza della nostra autrice) ed è un condensato della sua poetica. Componimenti brevi o brevissimi, versi netti, taglienti, attenzione quasi maniacale al linguaggio, ricerca della rima perfetta (notare il verso di chiusura rimato, il monosillabico “io”, semplicemente stupendo) e abolizione sostanziale della punteggiatura (per delimitare i versi e sollecitare il ritmo si utilizzano i trattini e il cambio verso, nient’altro). Non sarò certo originale nello scoprire che questa scrittura si slega dal quotidiano, pur raccontandolo attraverso le piccole cose, alla ricerca, spesso vana, di risposte alle grandi domande: “Basta segnare appuntamenti/ immaginari/ basta anniversari- basta follie-/ la tua breve presenza/ quotidiana identità-/ misurar lo spazio che ci slega/ che senso ha?”. Non è un caso se l’intera opera è preceduta da una citazione dell’ultimo Montale, da cui prende a prestito anche il titolo (tratto da un verso del Diario del ’71 e del ’72, una lettura indispensabile per capire Vanna e, credo, per capire la poesia italiana dell’ultimo mezzo secolo…). Il fare poetico della Mignoli, in cui qualcuno vede un certo Caproni e qualcun’altro una specie di Emily Dickinson lombarda, secondo me in maniera sempre riduttiva, non è cambiato lungo tutti questi anni: sorprende, invece, che la terza raccolta di versi della nostra autrice sia disponibile a “soli” 3 anni dall’uscita di Di Sillaba e di Rima, dopo che ci eravamo rassegnati ad un nuovo e lungo silenzio. La mano e le convinzioni che armano questo Quartetto di Cannucce sembrano le stesse della raccolta precedente, solo il lavoro di rifinitura, di scelta lessicale, sembra ulteriormente perfezionato, ancora più severo e il risultato si sente. C’è nel libro una omogeneità impressionante e la gestione del ritmo è talmente attenta che queste poesie le possiamo cantare, assecondando la passione della poetessa per i cantautori (c’è anche, in una lirica, una citazione involontaria del miglior Battisti di sempre, provate a trovarla…). L’introduzione al volumetto è curata da Lella Costa, che si diletta in una versificazione dallo spiccato gusto femminile, dando questa definizione delle poesie di Vanna: “…questa danza intima, quest’arte di parole,/ che non è mai retorica, che sa colpire al cuore,/ che se di sé vuol dire lo fa come un bisbiglio…//”. Concordo, anche se non riesco a pensare alla poesia di Vanna come ad un bisbiglio, piuttosto credo sia un urlo strozzato che il mondo, alla completa deriva, ha reso così difficile da sentire che, per riuscirci, siamo costretti a tendere bene l’orecchio e ad aprire completamente il cuore. Meraviglioso.


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