FOTOGRAFIA COME ARTE

di Eliseo Barbàra

E così si è giunti al terzo atto. Con merito bisogna aggiungere. Le stanze dell’incantevole Villa Mirra di Cavriana si sono riempite di fotografie da osservare e apprezzare, in realtà le sale sembrano fin troppo anguste per contenere tutte queste immagini che meriterebbero uno spazio fisico più consono affinché si apprezzi al meglio il loro lato comunicativo ed estetico. Una nota di demerito dovevo pur trovarla e, una volta trovata, aggiungo che quasi per nulla ciò nuoce alla serietà, alla sensibilità e alla professionalità dei fotografi presenti in questa nuova edizione. Un’edizione dalla classica genesi. Tutto ha avuto inizio con un bando totalmente aperto, libero a fotoamatori e professionisti, libere le tecniche fotografiche da impiegare e libero anche il tema, con un solo importante e intelligente paletto: l’autore doveva presentare un “lavoro unico”. Il risultato è visibile fino al 7 ottobre a Villa Mirra a Cavriana. Sono 22 i fotografi e moltissime le fotografia di qualità. Fotografi dagli interessi e dalle formazioni più disparate. Immagini che volano dai reportage sociali di una Cuba povera e romantica di Luca Castagna ed Erika Franzoni o di una contradditoria ed emozionante Uganda di Elena Avanzi (come non soffermarsi su quel fucile e quel fiore di due ragazzi sospesi tra guerra e pace?) alla sensualità dei nudi femminili di Alessandro Micci o l’immobile bellezza gelida dell’haute couture che Stefano Angiolini ha ritratto durante sfilate di moda. In quei pochi metri quadrati i fotografi, quasi tutti originari del mantovano, ci regalano anche qualche viaggio. Viaggi non solo lontani nello spazio. Ma lontani e basta. Ad esempio Savino Consiglio ci mostra scorci noti ma quasi irriconoscibili delle Colline Moreniche riletti con la pellicola a infrarosso e una stampa da fine art alla Minor White. Claudio Salandini ci prende per mano portandoci sulle vette di montagne prive d’umanità, ma ricche di spiritualità.
Oppure ci troviamo lontani in un tempo sospeso tra il Medio-evo e un sordo tempo musicale congelato in uno scatto, questo è merito delle straordinarie fotografie del giovane Glauco Ongari. E poi, c’è ancora dell’altro: il noto diventa ignoto e la fotografia, spesso senza molte manipolazioni, riesce a dare un’indecifrabile chiave di lettura a ciò che pensiamo di conoscere bene. Lo dimostrano le doppie esposizioni e i riflessi di Guido Furghieri che sono di per sé affascinanti tanto quanto le “mutazioni” dei fiori eseguiti da Irene Leso. Ermanno Prandini, uno dei fondatori del gruppo fotografico “La Luna e Sei Soldi” ospitato nel salone centrale della mostra, predilige il tono malinconico e surreale di mimi perplessi, impauriti e fragili che appaiono talmente estraniati dalla realtà tanto quanto basta per renderli unici, liberi e consapevoli che la loro forza sta proprio nella loro unicità. Come, in fondo, anche le fotografie dello stesso Prandini e degli altri fotografi della terza edizione di Fotografia come Arte.


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