LA CRISI DEI MERCATI FINANZIARI


La recente crisi che ha coinvolto i mercati finanziari durante agosto ha avuto un impatto molto forte e pesante sui portafogli dei risparmiatori. Le crisi finanziarie sono fenomeni ricorrenti, esattamente come lo sono, in moltissimi casi, le cause che le hanno generate. Rispetto a questa possiamo rintracciare due macro fattori di base: uno di natura legislativa e uno di natura più macro economica. Nel primo caso ci riferiamo alla tendenza, iniziata verso la fine degli anni ’80, del progressivo smantellamento dei vincoli di partecipazione azionaria: ovvero non esiste più una differenza tra le banche di credito ordinario (quelle che noi usiamo), banche d’investimento/d’affari, imprese, assicurazioni, etc. Questa situazione provoca l’insorgere di una forte commistione e ingerenza di interessi, spesso contrapposti, originati dalla possibilità di acquisire quote di capitale reciprocamente. Nel secondo caso, invece, scontiamo la gestione monetaria del debito statunitense e la loro periodica azione volta a scaricare parte del loro rischio sui mercati mondiali. Accanto a questi macro fattori ne esistono altri molto peculiari di questa crisi. Uno dei principali va ricercato in quelle voci di bilancio che non risultano iscritte nel bilancio. Come è possibile? Negli ultimi anni la finanza bancaria ha raggiunto livelli elevati di sofisticazione; il tutto con l’obiettivo fondamentale di ricercare il rendimento ottimale del capitale dato un livello di liquidità minimo che una banca deve possedere come da normativa. Per fare questo si sono inventati due tipologie di strumenti: i contratti derivati e i SIV (Veicoli Speciali di Investimento). Ma come funziona questo meccanismo? I SIV sono delle vere e proprie società, con ragione sociale e sede, in molti casi, in paradisi fiscali. La banca, che necessita di posizioni liquide, cede i suoi crediti al SIV: questi anticipa alla banca il valore dei crediti ceduti, e su questi crediti costruisce dei prodotti finanziari, noti come derivati strutturati, e li vende nel mercato a operatori che sono speculatori (ovvero società che rischiano). Secondo le normative internazionali questi prodotti non potrebbero essere ceduti ai risparmiatori e, come sempre accade, qualche cosa va storto. Cosa guadagna la banca da tutto ciò? In primis ripulisce il suo bilancio cedendo crediti spesso di dubbia solvibilità; secondariamente migliore è il suo rating: quindi pago meno il costo del denaro che erogo. Terzo il SIV acquisisce in capo a sé i rischi dei crediti ceduti: esso procede a trasferire questo rischio impacchettandolo nei derivati che sono venduti sul mercato. Come possiamo osservare il meccanismo è stato congeniato in maniera decisamente efficace per le banche, sino al giorno in cui il vento ha girato contro; ora nel sistema bancario internazionale si sta osservando un classico esempio di trappola di liquidità. Come evolverà il fenomeno nei prossimi mesi è difficile prevederlo, molti osservatori comunque sono assolutamente convinti che il livello di indebitamento registrato negli ultimi sei anni dagli USA obbligherà la politica monetaria ad essere accomodante: ne consegue che tutte le istituzioni finanziarie che si avventurano in spericolati investimenti non saranno punite, come dovrebbe essere, dal mercato, e ciò renderà meno efficiente il sistema complessivo e il conto lo pagherà sempre il soggetto economico meno informato: il pubblico dei risparmiatori.


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