INTERVISTA A MAURO PAGANI

di Carlo Susara

Il “nostro” Carlo Susara sabato 24 settembre ha intervistato Mauro Pagani prima del concerto conclusivo di VoltArte Festival, svoltosi a Volta Mantovana dal 6 maggio al 24 settembre 2007. Ringrazio Carlo per la pazienza e la professionalità con cui ha svolto questo compito non facile. Intervistare un tale personaggio, forse uno dei musicisti più importanti della nostra penisola (per esser stretti di manica), implicava una lunga preparazione e del tempo. Carlo, come tutti noi de La Civetta, ha un altro lavoro e la vita quotidiana da affrontare, ma anche in questa occasione si è dimostrato attento, preciso e puntuale. L’intervista verrà pubblicata in due parti per dare modo al lettore di leggere il testo integrale e gustarsi alcune immagini della serata di Volta Mantovana. (l.c.)

Mauro Pagani arriva in perfetto orario perché le rockstar si fanno attendere, i musicisti no. Porta con sé una custodia nera dalla quale si capisce solo che non suonerà con una chitarra. Si concede cortesemente all’intervista e divaga volentieri al di fuori delle domande perché sente la musica come una passione. Mauro Pagani viene da Brindisi in quest’occasione e prima da più lontano ancora, la sua voce è a metà servizio, ma la serata non ne risentirà. Poco dopo sale sul palco e dalla custodia tira fuori uno splendido esemplare di mandolino genovese finemente intarsiato, sarà la suggestione della corte gonzaghesca che ospita il concerto, ma sembra d’essere in un angolo di tempo rinascimentale, sembra d’ essere a cinquecento anni fa. Sento sempre più chiamarlo maestro e non sono d’accordo perché chi incanta è un mago, chi fa sognare un incantatore, poi lui non sale in cattedra, ma affabula come un vero mago incantatore.

Mauro Pagani bresciano di nascita, fonti ben informate mi suggeriscono che lei cominci a suonare negli anni sessanta ai tempi in cui a Brescia si frequentava il Racing Car di corso Magenta, era soprannominato “l’orbo” e il suo primo gruppo furono i JB Club con Giorgio Cordini.
Ma come fai a sapere queste cose!? Sì comunque è tutto vero. Mi chiamavano l’orbo perché ero l’unico che portasse gli occhiali; a dir la verità non ci vedeva un accidenti nessuno, ma faceva poco figo portare gli occhiali, a me invece non interessava. Poco dopo entrai ne “I Quelli” dopo l’uscita di Boldi e Teocoli pensa te, da quel gruppo nacque poi la PFM.

Si sta per esibire dal vivo, appena un mese fa ha orchestrato “la notte della taranta” che è uno degli eventi dal vivo con maggiore partecipazione, com’ è andata?
Bene, molto bene. Abbiamo fatto la serata finale con oltre centomila persone, meno male perché mi è costata tre mesi di lavoro per arrangiare alcune decine di brani, è stata una belle soddisfazione.

Il prossimo anno ci lavorerà ancora?
Ora è presto per dirlo, ma comunque ho stabilito dei buoni contatti e sono rimasto soddisfatto, può essere, ma vedremo. Comunque mi ha inorgoglito perché anche grazie ad iniziative come “la notte della taranta” trovi sempre più persone orgogliose della propria terra tanto che se gli chiedi di dove sono non rispondono “pugliesi”, ma “salentini”.

Secondo lei ha ricevuto i dovuti riconoscimenti per essere stato fra i primi a proporre world music? Non è che ci sia una sorta di malattia esterofila per cui si danno i dovuti riconoscimenti ad esempio a Peter Gabriel e si lasciano poi passare in secondo piano figure altrettanto importanti?
Ti ringrazio, e hai ragione, ma il vero torto non è stato fatto a me. È vero che io abbia realizzato assieme a De Andre Creuza de ma che viene considerato il primo disco di world music italiana nel 1984, e che la “Real World” di Gabriel sia del 1988, ma in Italia durante tutti gli anni Settanta abbiamo avuto un movimento di cui facevano parte il “Nuovo Canzoniere del Lazio”, i “Napoli Centrale”, la “Nuova Compagnia di Canto Popolare”, Moni Ovadia, ecc. Creuza de Ma prende molto da quel movimento ed è a quel movimento che dovrebbero andare i giusti riconoscimenti.

Si è esibito nel corso degli anni in molti concerti, ha notato un cambiamento nel pubblico che la segue?
Apparentemente no, ma in effetti una volta si andava ai concerti per conoscere musica che non si poteva ascoltare altrimenti, ed invece oggi forse si tende ad andarci più per moda.

Com’ è cambiato invece il modo di porsi di Mauro Pagani nei suoi concerti?
Salto di meno perché le mie giunture protestano e poi vedo il pubblico in un modo diverso, cerco di raggiungerlo più direttamente con la musica, non solo nei concerti. Una volta, con la PFM ma non solo, diciamo nel prog in generale, c’erano troppe note ora cerco d’essere più essenziale.

Anni fa era un successo incidere una musicassetta, ora un qualsiasi gruppo inizia già da un cd. Lo considera positivo?
No, perché ci porta ad avere una moltitudine di prodotti a livello elementare. Io ho avuto la possibilità di girare molti studi di registrazione e di conoscere ad esempio fonici esperti dai quali ho imparato molto. Oggi la possibilità di registrare in casa da soli o con pochi amici toglie tutta questa formazione d’esperienza e finisce con l’impoverire il prodotto finale. La facilità d’incisione e il fiorire di siti come myspace o del download portano a un eccesso di musica, anche se è giusto dire che una volta non fosse tutto oro, perché sembra quasi che il tempo stenda una patina per cui sembra tutto bello, invece di tutto il revival che si sente il novanta per cento sono (e non erano altro) che delle gran cazzate; c’è un proverbio, in verità stupido, ma che spiega bene la situazione, che dice come le donne da giovani si dividano in puttane e serie, mentre da anziane siano tutte signore.


…continua nel prossimo numero


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