MUSICA CIVETTA

di Giovanni Caiola / underdog1982@libero.it


Third Sisters Lovers
Big Star
1978

Sognate spesso di essere musicisti brillanti e di incidere dischi che avranno un’influenza decisiva su un numero spropositato di futuri grandi artisti? E magari il vostro sogno nel prosieguo contempla pure la vendita di milioni di copie delle vostre opere e l’allestimento di faraonici tour dal vivo nonché l’incasso di decine e decine di milioni di euro? In tal caso conoscere le vicende di Alex Chilton e dei suoi Big Star vi farà ritornare con i piedi ben piantati su questa nostra terra zuppa di sudore, lacrime e sangue. Il buon Chilton comincia la sua carriera con un botto sensazionale chiamato The Letter, 45 giri dei Box Tops che nel 1967 vola al numero uno della classifica dei singoli più venduti negli USA. È solo lo splendido esordio di una boy band di Memphis musicalmente validissima (incredibile!) che riesce poi a piazzare nei piani alti delle classifiche altre meraviglie in bilico fra beat e soul. Il diciottenne Alex decide però nel ’69 di lasciare i sodali per tentare l’avventura solista e qui sale al proscenio quella malasorte che rimarrà poi per sempre sua fedele compagna: i Box Tops hanno sì venduto milioni di copie ma, per questioni di diritti d’autore e contratti discografici poco chiari, lui da quella fortuna non ne ricava che pochi spiccioli. Tutt’altro che abbattuto si allea con Chris Bell e dà vita ai Big Star. Reclutati un bassista (Andy Hummell) e un batterista (Jody Stephens), Chilton e Bell si lanciano nella scrittura e nella registrazione del primo album del gruppo, che esce nel 1972 per la Ardent – casa discografica sussidiaria della Stax, nientemeno – col titolo beneaugurante di #1 Record. Il successo appare scontato e invece commercialmente si rivela un disastro: vende talmente poco che Bell, sfiduciato, abbandona il gruppo. Tuttavia il disco è artisticamente superbo, incrocio pressoché perfetto fra la melodia cristallina di Kinks e Byrds e la sanguigna dinamicità del rhythm’n’blues che offre fra l’ottimo resto due perle assolute chiamate The Ballad Of ElGoodo e Thirteen. Anche se pochi all’epoca lo notano si tratta dell’atto di nascita del cosiddetto power-pop. Nel 1974 i superstiti ci riprovano con Radio City, altro insuccesso e altro lavoro magnifico nel quale spiccano le immarcescibili Back Of A Car e September Gurls. Rimasto col solo batterista Chilton registra Third/Sister Lovers, disco d’inaudita bellezza (immaginate i Velvet Underground alle prese con un disco soul e avrete in cambio Holocaust, Kangaroo e compagnia bella) che esce, con quattro anni di ritardo, nel 1978. Come al solito nessuno lo nota. Deluso Chilton scioglie i Big Star e abbandona la musica: tiene assieme anima e corpo facendo il tassista e l’addetto alle pulizie, nel frattempo consolandosi con i ripetuti omaggi che indirettamente gli porgono, fra legioni d’altri, R.E.M., Replacements, Posies, Teenage Fanclub e New Pornographers, gruppi che ai Big Star devono tantissimo e ben lo sanno. Nel 2005 torna in pista coi Big Star, ma In Space pare irrimediabilmente appannato.
Sognate ancora di essere musicisti influenti?


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