LA CORRUZIONE IN ITALIA
PIERCAMILLO DAVIGO
PRESENTA IL SUO LIBRO

di Enrico Grazioli

Nell’Italia delle tangenti in vent’anni, dal 1983 al 2002, solo il 2 per cento ha pagato con il carcere. Il 98 per cento l’ha scampata: o è scattata la condizionale (sotto i due anni) o perché sono state riconosciute misure alternative (servizi sociali, tra due e tre anni). E soprattutto, nell’87 per cento dei casi, la pena è stata leggera, sotto i due anni. Sono alcune delle cifre rese note da un ricerca di Piercamillo Davigo, uno dei protagonisti di Mani Pulite e oggi consigliere della Cassazione, e Grazia Mannozzi, docente di Diritto Penale all’Università dell’Insubria. Il tutto è riversato in un libro, “La corruzione in Italia”, edito da Laterza. Chi si aspetta di trovarsi tra le mani un testo sui fatti degli ultimi venti anni, come Tangentopoli, si sbaglia. Il libro è una fonte di dati. La ricerca sarebbe dovuta confluire in una rivista specializzata, ma, dopo due anni di numeri presi dal Casellario giudiziale centrale, ne è uscito un testo di oltre 300 pagine ricco di grafici e tabelle. Tuttavia, non è destinato solo agli esperti del settore, l’interpretazione ragionata dei dati lo rende fruibile da tutti. Il tema è la corruzione. A inizio anni ‘90 il fenomeno è improvvisamente affiorato e in quegli stessi anni all’opinione pubblica sembrò che il sistema penale fosse ipereffettivo. Si parlò, e si parla, di giustizialismo. Eppure “il nostro sistema penale è una tigre di carta – spiega Mannozzi - e non riesce a comminare le pene che minaccia. Per corruzione sarebbero da 4 a 12 anni”. Lo stesso Vittorio Grevi, professore di Procedura Penale a Pavia, nella prefazione spiega che “I risultati concreti dell’attività investigativa […] sono stati inferiori alle attese, a causa dell’ampiezza della ‘cifra grigia’ dei fatti criminosi scoperti e accertati, ma non sanzionati da condanna definitiva, molto spesso per via della prematura scadenza dei termini di prescrizione”. Nel periodo Mani Pulite, infatti, ci fu una prescrizione ogni tre condanne, stabilendo una diseconomia in quella macchina costosa che è la giustizia. All’interno del libro, come annunciato, non mancano certamente cifre interessanti. Alcune confrontano la nostra penisola con altre realtà europee. I dati sulla percezione della corruzione elaborati da Transparency International e i risultati di sondaggi di opinione elaborati in Italia, ad esempio, portano a una conclusione: “le percezioni, ai livelli nazionale e internazionale, dell’elevato grado di corruzione nel nostro paese mal si conciliano con il modesto tasso di condanne registrato in Italia sin dal 1983 (…)”. Ovvero, l’Italia è un caso anomalo tra le democrazie occidentali, il tasso di percezione è superiore a quello di Estonia, Taiwan, Botswana ecc. Tra i paesi Ue è battuta solo dalla Grecia all’ultimo posto. Un esempio sulla situazione. Negli ultimi vent’anni a Reggio Calabria ci sono state solo due condanne per corruzione. Questo stride con le dichiarazioni dell’ex Sindaco, Agatino Licandro che, dimessosi nel 1992, nel pieno di Mani Pulite, collaborò con gli inquirenti raccontando una situazione di corruzione diffusa. Secondo i dati di Transparency International il paese più virutoso in Europa, nel 2006, è la Finlandia. Questa ha lo stesso numero di condanne dell’Italia, che nella classifica elaborata non è tra i virtuosi. “La corruzione – come spiega Davigo - è più diffusa di quanto appaia nelle statistiche”. Infatti, esiste proprio una “cifra nera”, cioè “la massa dei fatti punibili, ma non scoperti”: le mazzette non individuate. Il sistema di corruzione non è stato scardinato, ma soltanto danneggiato. Spesso manca l’interesse a denunciare.


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