PAROLA DI FREDDI
INTERVISTA AL VICEPRESIDENTE UNIONE INDUSTRIALI DI MANTOVA
Dr Freddi, la situazione economica non è facile. Come vede il panorama locale?
Ho partecipato recentemente ad un convegno sulla situazione di Castel Goffredo. Non credo comunque che la crisi che sta attraversando la cittadina sia dovuta al dumping straniero. Piuttosto il problema di Castel Goffredo è dovuto al fatto che, economicamente, è monoculturale. Se va male la calza va male tutto. Questo è un problema che ad esempio Castiglione non ha.
Quindi, per quanto riguarda le calze, non è un problema cinese?
No, perché la calza è un settore di nicchia, e oltretutto è un settore nel quale il costo della manodopera incide poco. Costano invece i macchinari, il marketing. I cinesi fanno dumping soprattutto in altri settori tessili, come quello dell’abbigliamento.
Dopo le crisi Wella e Rapetti, la situazione castiglionese è destinata ad aggravarsi?
Vorrei sfatare alcuni luoghi comuni. A Castiglione abbiamo più di una azienda multinazionale che ha compiuto accorpamenti tagliando all’estero, come la Huntsman, e potenziando a Castiglione. Alcune aziende si stanno inoltre allargando. Proprio per il fatto che abbiamo molti settori, nel momento in cui ne va male uno, può capitare che un altro cresca. E’ il nostro salvagente. E poi non credo che a Castiglione manchi il lavoro.
Insomma..
Ha visto quante agenzie interinali sono presenti a Castiglione? Non credo aprano nuove filiali perché sono attirate dal turismo o dal paesaggio.
Ma in una situazione globalizzata, non crede sia necessario un messaggio politico, un freno a delocalizzazioni come quella operata da Procter and Gamble? Voglio dire, mettere dei paletti…
Sì, sono necessari dei paletti, e questo è il compito del legislatore.
Torniamo al dumping. Qualche danno lo farà pure alla nostra economia.
Una volta, parlo degli anni sessanta c’erano i giapponesi. All’inizio fecero esattamente come i cinesi: invasero il mercato a prezzi bassi. Perché questo è quello che farebbe qualunque azienda. Se vuoi conquistare un mercato, prima lo devi invadere tenendo bassi i prezzi. Ti rifarai dopo, rialzando i prezzi, una volta acquisita la posizione all’interno del mercato. I giapponesi hanno fatto esattamente così.
Quindi lei crede che prima o poi i cinesi alzeranno i prezzi?
Sì, anche prima di quanto si pensi. E comunque il dumping è colpa sua.
Mia?
Sì, sua, perché se va al mercato lei compra il prodotto che costa meno. E questo danneggia l’economia del paese.
Ma i salari? Se mi danno mille euro al mese, per forza compro il prodotto meno costoso.
E’ vero, in Italia il vero problema è il mercato interno. Negli ultimi anni non sono stati tutelati i salari, e il sindacato si è concentrato su concessioni di altro tipo, come le ferie.
Anche le aziende hanno le loro responsabilità. Negli ultimi 10-15 anni non si può certo dire di aver attraversato una fase di acceso scontro sociale: il sindacato si è mosso soprattutto verso la concertazione…
Infatti la colpa dell’erosione dei salari va divisa equamente tra sindacati e Confindustria. Ma se devo individuare un colpevole, ovvio che viene in mente prima il sindacato. Difendere il potere d’acquisto era compito suo.
Riguardo alla crisi economica, pensa che la ricetta dell’Ocse, che suggerisce di tagliare il costo del lavoro, sia corretta?
E’ indubbio che il costo del lavoro sia troppo alto. Se il dipendente prende mille euro, l’azienda ne paga almeno duemila, e questo deprime lo sviluppo. Certo il problema principale, in Italia, resta la mancanza di mercato interno.
Quindi la risposta al dumping non può passare attraverso un ulteriore taglio dei salari?
No, anche perché nel momento in cui noi dovessimo tagliare i salari, i cinesi o altri taglierebbero a loro volta il proprio costo del lavoro. C’è sempre qualcuno che può permettersi di lavorare con costi più contenuti.
E la flessibilità?
Utilissima. Se avessimo dovuto affrontare una crisi come quella odierna avendo a disposizione il mercato del lavoro di trent’anni fa, sarebbe stato molto peggio.
Ma in una situazione di crisi, l’accoppiata flessibilità-bassi salari non rischia di deprimere ulteriormente il mercato interno?
Certamente, è possibile.
Qual è allora la ricetta dello sviluppo?
Dobbiamo pensare a un modello che privilegi l’innovazione e tenga alti i salari. Se lei invece di mille euro ne prende mille e cinquecento, è ovvio che quei soldi non li tiene inutilizzati, ma li spende e permette alle aziende di produrre di più.
Passiamo alla situazione urbanistica locale. L’amministrazione sta preparando un nuovo PRG, ma lo fa solo dopo molte varianti al vecchio piano. Non le pare che a Castiglione si stia lasciando troppo spazio all’iniziativa privata, senza avere un minimo di progettualità?
Non posso rispondere a questa domanda, perché sono questioni che non seguo.
Mi dica allora come vede Castiglione, e come lo vorrebbe vedere.
Beh, Castiglione è molto brutta. E negli ultimi anni è peggiorata. E’ bella solo la sera, quando si vede la collina coperta di luci. Ma di giorno ci sono solo fabbriche e capannoni. E poi non vedo perché costruire tutte quelle rotonde, che oltretutto sono più pericolose che utili, e lasciare costruire i privati da qualsiasi parte. Manca anche un’attenzione estetica. Non so se esistano gli strumenti urbanistici per dire a qualcuno “rivernicia questa casa” o “sistema il tetto”, ma credo che sarebbero utili. In Francia c’è molto più verde ad esempio, e addirittura lo stato assegna delle stellette, visibili sul cartello d’entrata delle città, che misurano il grado di bellezza raggiunto. Ci vorrebbe molto più verde a Castiglione.
Per finire, lei pensa che il governo locale può intervenire per indirizzare l’attività economica e, nel complesso, migliorare la qualità della vita?
E’ il loro lavoro. Non li paghiamo per occupare una poltrona, ma per governare.
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