E ADESSO COSA DICO?

di Claudio Tonini

Questa frase passerebbe nella testa di molti se si trovassero su un palcoscenico a dover inventare e recitare uno sketch in meno di due minuti. E questo è proprio quello che succede nel teatro dell’improvvisazione, erede diretto dell’antica arte di recitare senza canovaccio, tra le forme più coraggiose di rappresentazione, e il coraggio non mancava certo alle quattro squadre che si sono giocate venerdì 29 aprile al teatro Sociale di Castiglione il passaggio alla finale del torneo provinciale di improvvisazione teatrale. Coraggio certo, ma anche fantasia, e così libero da schemi o formalismi è nato uno spettacolo divertente che, con il suo tono scanzonato, ha contagiato anche la platea. Il tutto gestito superbamente dagli attori del Teatro Magro nei ruoli di presentatore, arbitro e valletta della serata. Quello che più ha colpito è la capacità di inventare storie partendo solo da un titolo e di assegnare i ruoli e le battute in soli 120 secondi (questo era il termine fissato dopo che l’arbitro aveva enunciato tema, presenze e tempo della scena), non da meno è la capacità di riempire il palcoscenico per 2-3 minuti senza incepparsi o, peggio, ammutolire e potendo contare solo su un rullo da pittore o un vassoio come oggetti di scena. La vittoria della serata di Castiglione è andata agli Ottovolanti, e ai VitelDorè, essendosi aggiudicati il passaggio del turno rispettivamente contro i Cumici e i Rete 180, che meritano una menzione particolare. La squadra, infatti, è quasi completamente composto da malati psichiatrici che hanno fornito un bell’esempio di come l’integrazione può toccare tutti gli aspetti della vita sociale. Gli Ottovolanti (Ilaria e Eva Feole, Alberto Tagliapietra, Fabrizio Migliorati, Alessandro de Silvestri e Alessandra Ugolini) si sono poi confermati martedì 3 maggio, vincendo la serata finale svoltasi all’Ariston di Mantova, confermando così l’ottima presenza scenica dei componenti del gruppo già ampiamente comprovata nella semifinale. Forse bisognerebbe riflettere se non convenga puntare anche su forme di teatro diverso da quello a cui siamo abituati nella nostra città, visti i risultati che numerosi artisti locali stanno conseguendo fuor di patria (ne parlava anche Paola Giacometti nel numero di Aprile). Questo vale sia per la strutturazione della stagione teatrale, che troppo spesso ricerca nomi televisivi che col teatro c’entrano come i cavoli a merenda, e sia per gli spettacoli da proporre alle scolaresche (sono sicuro che chi, come me, nel corso della sua carriera scolastica tra elementari e medie, ha assistito sette volte alla rappresentazione di Pierino e il Lupo capisce di cosa sto parlando…), ma per fare questo servirebbe una maggiore ricettività da parte dell’amministrazione. Un tema caro ai politici è quello della valorizzazione del territorio, il teatro è uno strumento valido per tale valorizzazione, ma è largamente inutilizzato (infatti, è per buona parte dell’anno chiuso), bisogna chiedersi se ciò sia dovuto alla scarsa ricettività del pubblico o all’inadeguatezza della gestione che allontana molti dalla platea. L’esodo di molti spettatori verso i teatri limitrofi sembra confermare la seconda tesi…


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