CASTELLARO LAGUSELLO,
LE CASE ANTICHE

di Marzia Sandri

Due case antiche, veri e propri monumenti storici e, ancora una volta, l’insensibilità di amministratori comunali. Sono questi i protagonisti di un’annosa vicenda che si è consumata tra le mura del “borgo più bello d’Italia”, Castellaro Lagusello, preziosa frazione del Comune di Monzambano. Le due abitazioni in questione facevano parte del primo nucleo del borgo originario risalente al XIII secolo circa e cresciuto ai piedi del mastio principale della cinta muraria, nell’area dove oggi si può ammirare la splendida Villa Arighi-Tacoli. Oggi le abitazioni che componevano questo primo nucleo sono scomparse ad eccezione dei due edifici, ora di proprietà privata, uno delle quali è già sottoposta ad interventi di restauro conservativo, mentre l’altra è oggetto della tesi di laurea in “Restauro e riconversione funzionale” di Daniele Spazzini, studente monzambanese di architettura al Politecnico di Milano. Proprio il recente inizio degli interventi di ristrutturazione hanno riportato a galla vecchie questioni anni fa sorte tra le istituzioni e i membri della locale associazione culturale Amici di Castellaro. “Le due costruzioni – dichiara il presidente del sodalizio, Emilio Crosato – sono due vere e proprie perle del centro storico di Castellaro, due monumenti alla storia e alla cultura di questo posto che si sarebbero dovute acquisire al patrimonio comunale destinandole, anziché ad uso privato, ad una fruizione pubblica”. Già nel 1998, i membri dell’associazione culturale, sotto la guida di Crosato, saputo che le due case erano state messe in vendita dal marchese, avevano presentato richiesta all’allora sindaco Giorgio Godi affinché procedesse all’acquisto dei due stabili, in virtù anche del prezzo assolutamente accessibile – si parla di circa 15.000 euro per la struttura più interna e di circa 200.000 euro per quella più a ridosso delle mura – che era stato chiesto. Non avendo ottenuto alcun positivo riscontro, nel 2001 fu presentata al Ministero competente, da alcuni privati cittadini, una raccolta di ben 300 firme con la quale si chiedeva che, a fronte del loro valore storico, le due costruzioni fossero destinate a scopi culturali risparmiando loro di essere utilizzate a fini meramente commerciali. L’obiettivo non fu raggiunto e le due costruzioni furono vendute a privati, ma la Sovrintendenza mise sotto tutela le due antiche abitazioni, in modo tale da garantire che almeno ne venissero preservati gli elementi architettonici e storici che ne caratterizzano la struttura. Un provvedimento contro il quale uno dei due proprietari presentò ricorso al Tar dimostrando di non gradire i vincoli posti. “Il Comune di Monzambano che aveva la prelazione sull’acquisto – continua Crosato – ha dimostrato davvero poca lungimiranza e la totale mancanza di senso storico trascurando di far proprie le due costruzioni, un patrimonio che i cittadini di Castellaro meritavano di poter conservare e che già nel piano della riserva erano state destinate a diventare un centro di gestione dell’area protetta e luogo deputato a mostre ed esposizioni sul paese, sulla sua cultura e sul suo patrimonio archeologico, naturale e storico”. Ad ogni buon conto le due case saranno recuperate e, almeno si spera, “nel massimo rispetto delle caratteristiche architettoniche originarie”, come ha dichiarato l’architetto Giovanni Zandonella, sotto la cui supervisione si stanno svolgendo le indagini stratigrafiche e materiche e relative alle tecniche costruttive utilizzate. Sullo stesso tono l’impegno assunto da Enzo Cavallara, architetto e consulente artistico dell’operazione di recupero che garantisce come “i lavori di restauro e risanamento conservativo siano seguiti accuratamente dal funzionario della Sovrintendenza al fine di garantire il totale mantenimento della valenza storica dell’opera. Anche l’impresa edile è stata scelta accuratamente sulla base della competenza. L’intervento deve essere, infatti, accuratissimo e condotto con minuzia da restauro pittorico. Fortunatamente possiamo contare sulla collaborazione del proprietario, Francesco Pellizzer, che ci ha lasciato mano libera, consentendoci, così, di mantenere il più possibile inalterati gli elementi caratterizzanti la storicità della struttura”. Che dire? Sempre meglio che niente.


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