LO SPIRITO DELLA TECNOLOGIA

di Luigi Chesini

Le macchine sono concentratrici di energie attive degli esseri umani e in questo modo li vincolano, esse sono diventate il tramite tra noi (il nostro corpo) e il mondo materiale, ormai - secondo Hannah Arendt - definiscono il nostro posto sulla Terra. Proprio per la loro grande invadenza le macchine sono l’esito non solo di fattori tecnologici ed economici, ma anche socioculturali e quindi, in definitiva, politici. Il design di una macchina può essere subordinato alla funzionalità, ma anche ad altre esigenze, più culturali. La macchina è uno strumento che, oltre essere funzionale, deve inserirsi in un contesto umano, all’interno del quale non solo dovrà operare, ma anche “vivere”. Secondo Steve Lubar le macchine, come molte altre cose, possono essere espressione di uno spirito nazionale e sintetizzare tutto un aspetto di un periodo storico (nel senso più ampio del termine). I manufatti tecnologici, come l’arte e la filosofia, sono parte integrante delle società e della politica, sono queste ultime che conferiscono alle macchine la loro utilità, sono una loro estensione particolare. Si tratta, in effetti, di conoscenza “reificata” (cioè resa oggetti funzionali). Quando poi le macchine entrano in massa nella società sono in grado di indirizzarla e rafforzarne certe tendenze, basta pensare alle tecnologie informatiche e multimediali. A questo punto si possono individuare due tipi di tecnologie: Autoritarie, in cui si pone al centro un sistema potente ma intrinsecamente instabile, o Democratiche, in cui al centro c’è l’uomo, debole ma ricco di possibilità. Provate, per gioco intellettuale, a porre in una di queste due categorie tutte le tecnologie con cui abbiamo a che fare, da internet, alla TAV, alle automobili, alla televisione. In ogni caso la funzione principale dei prodotti della tecnica è mediare tra chi stabilisce e chi subisce le regole, in un processo dialettico di cui sono ormai attori indispensabili. All’interno del progetto delle macchine possiamo individuare dei disegni (pattern) che sono attinenti alla sfera del linguaggio in cui esse si strutturano. I pattern sono - secondo Dougherty e Keller - costellazioni di conoscenze orientate al compito. Essi indirizzano il lavoro di produzione del manufatto, così come un idioma guida la conversazione. È chiaro che questo linguaggio cambia nel tempo ma deve sempre essere finalizzato alla risoluzione di problemi, altrimenti rischia di diventare inattuale e cadere nell’oblio della storia.


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