IL CAVALIERE INESISTENTE E PERSISTENTE

di Eliseo Barbāra

C’era una volta un cavaliere che amava la propria immagine. Non potendo avere il faro di Batman, comprò tre scatole magiche capaci di diffondere il verbo. Un giorno decise di scendere in campo per la contesa dell’Italia, prima come venditore di cantastorie, poi capì che poteva diventarne il sovrano. Tutto cominciò quando le mani di molti signorotti erano sporche e il popolo le voleva pulite. Il cavaliere giunse nel reame e invase tutti i borghi e le contrade con manifesti in cui il suo viso sorridente, rasserenante e splendente emanava pace e fiducia in un futuro migliore. Il popolo credeva in lui, come alle sue scatole magiche. Dopo dieci anni, il cavaliere trionfante volle riprovare e ripropose la stessa mossa vincente. Si moltiplicarono i manifesti con il suo bel faccione, forse con qualche capello in più. Ma qualcosa andò storto. Per magia comparirono, sui manifesti, scritte misteriose, offensive, segni fallici ma poco fallaci e, cosa ancor più grave, il suo naso perfetto, alla Pinocchio, è stato coperto da enormi nasi rossi da clown. Il popolo guardava, rifletteva e rideva. C’era anche qualcuno, come il Grillo parlante, che sosteneva che queste ingiurie fossero un felice sintomo di una riscoperta democrazia diretta. Il cavaliere, or dunque, già provato da duelli con la fotografia e i suoi cavalletti, intuì la contromossa: rimuovere dai manifesti il suo sorriso e diventare il Cavaliere Inesistente. Parte del popolo ringraziò, ma… Ma il Regno di Italia è pieno di misteri e il cavaliere non potè fare a meno di ripescare il suo secondo nome partorendo l’ennesimo incantesimo. Cominciò a navigare sull’etere e in tutte le contee del reame mediatico compariva: era la volta del Cavaliere Persistente. To be continued… La politica diventa sempre più fondata sulla forma piuttosto che sui contenuti. Una forma che molte volte è pura immagine, vuota, narcisistica e piaciona. Sembra che gli elettori debbano votare il più bello, il più simpatico, il più fotogenico, colui che meglio di tutti riesca a “spaccare l’obiettivo” della fotocamera o della telecamera. Sicuramente questo modo di fare politica non è una novità, ma il Cavaliere ha lasciato una forte impronta. Fatto palese già dieci anni fa, tanto che nel 1995 il Museo Ken Damy pubblicò Immagini per una campagna elettorale a cura di Eleonora Olivetti e Giuliana Scimé. Le fotografie del libro (come quella a fianco) sono ironiche, libere e oneste, in grado di visualizzare un clima sociale inedito per la politica italiana che fino ad oggi ha aumentato la sua esasperazione.
La vere Operazioni Verità sono assenti nei manifesti e nei dibattiti TV di quasi tutti gli schieramenti, ma si spera il contrario: una maggioranza eletta per i contenuti e non per la forma. Infine, per essere fazioso e scusandomi con i suoi stimatori, rubo quest’ultima citazione a Calvino: “l’assenza del cavaliere inesistente fu considerata degna di silenzio come per intesa generale”.


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