MČ RICÓRDE… (2)

di Giorgio Alemanni

[…] Altre due foto di clienti al bar, la legge Sirchia non ‘regnava’ ancora, sottolineano la versabilità dei castiglionesi alla vita in comune. I bar come le trattorie e ancor più le osterie erano luoghi ‘sacri’ di scambi interculturali e non solo. Questa grande occasione, momento di unità sociale, man mano va scemando. Rimangono solo pochi ambienti per socializzare e ancor meno per ascoltare una intera ‘chiaccherata’ in dialetto. Un esempio: nessuno grida più i numeri in una ‘vietata’ partita di ‘Móra’, una volta sport locale. E che dire della vendemmia e della pigiatura dell’uva ancora ‘a piedi’. «Quando andiamo a ‘bestemmiare’?». Da piccolo facevo già un po’ di confusione con l’italiano, figuriamoci con il dialetto! Più volte sono andato a vendemmiare nei vicini Morandi, proprio come fanno quei noti castiglionesi indaffarati, ma ‘allegri’, immortalati assieme ad un esuberante cane da caccia. La caccia che, con la raccolta delle varie erbe (‘Radéc Selvàdegh’ in testa) e di altri prodotti delle nostre colline, facevano e per fortuna ancora fanno, la passione di moltissimi nostri concittadini. A completare la terza pagina una foto di famiglia. Sono in posa le sorelle Martinetti con la madre. Tutti i miei coetanei avranno riconosciuto la “Signorina Rita”, simbolo per noi della colonia, delle ripetizioni e dei compiti estivi. Suo fratello Carlo invece chiamato amichevolmente lo “Zio Carlo” non si vede in quella foto, stampata purtroppo a metà, nella pagina successiva, la quarta e ristampata per un errore nella precedente pubblicazione della Gazzetta è dedicata allo sport, allo svago e al divertimento. Una piscina olimpionica, fuori misura. Per utilizzarla ai fini agonistici doveva essere accorciata con una pensilina in legno impiegata come blocco di partenza. Il trampolino, un ‘Signor Trampolino’, reggeva il peso del povero ‘Nasù’ che da lì si buttava facendo delle vere bombe d’acqua per il divertimento di noi che non avevamo ancora il coraggio di imitarlo. Bellezze locali in castigati costumi esibivano le proprie forme richiamando in piscina anche gli abitanti dei comuni limitrofi. Altra foto e altre bellezze: due signorine non certo in minigonna e ombelico caloroso posano davanti ad una 500c (la Topolino) forse lì per caso tra Chiassi ed il Castello. Castiglione, anche se allora zona depressa, non era certo un luogo scialbo, insignificante, monotono. Non appariva neppure così tanto povero, anche se sotto lo era. Remo Ferlenga recita in teatro divertendo il pubblico con il ‘nostro’ dialetto. In piscina ci si poteva cimentare oltre nel nuoto e nei tuffi, nel tennis e nella pallavolo, giocata sulla sabbia (siamo stati gli antesignani del Wolley beach!). Quasi tutti chiamavano questa ‘multi-sala’: piscina, ma il giusto nome era il Lido un vero polo di attrazione. Le danze spesso iniziavano all’ombra della conchiglia e al suono dell’orchestra, già nel pomeriggio. E che orchestre, Gorni Kramer era quasi di casa. Si può, così, parafrasare un noto detto: «Balla che il ciel ti aiuta». E il cielo aiutò Castiglione. Le amministrazioni che si alternarono, fecero uscire dal chiaro-scuro quella che ormai era di fatto una Città. Infine una fotografia formato tessera ricorda Vittorio (detto Rino) Alemanni (alias Vittoralma).
Ciao Papà!


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