I FURBETTI

di Lupin III

Nell’ultimo anno il nostro mercato azionario è stato caratterizzato da molte operazioni speculative, che hanno visto la partecipazione di un ristretto gruppo di operatori noti come “i furbetti del quartierino” (in alcuni ambienti detti i “Fantastici quattro”). A partire da questo numero cercheremo di ricostruire la storia di alcuni di questi personaggi per comprendere da dove arrivano e come hanno fatto a costruire fortune così ingenti. Nel corso del 2005 e parte del 2006, Piazza Affari e stata condizionata da non meno di 3 grandi scalate: Antonveneta, BNL e RCS. Uno dei più audaci, di cui tratteremo in questo articolo, è l’odontotecnico di Zagarolo: Stefano Ricucci (fresco di galera). Poco si sa della sua ascesa imprenditoriale, ma alcuni numeri lasciano dei sospetti. 42 anni, inizia la sua attività imprenditoriale come odontotecnico. Le prime dichiarazioni dei redditi non ci dicono molto sulla sua fortuna misteriosa: 12 milioni (in lire) nel 1986, 42 nel 1990 e 100 nel 1999. Nello stesso periodo avvia l’attività immobiliare e contemporaneamente viene segnalato anche alla Centrale rischi come soggetto poco affidabile. Le principali banche (Cariplo e Credito Italiano) chiudono i rapporti, tranne la Banca Agricola Mantovana (sia durante l’era Colaninno che in seguito). Nel 2002 la sua società, Magiste SpA, dichiara un patrimonio di oltre 600 milioni di euro. Ma come è stata possibile un’accumulazione di ricchezza di tale importo in così breve tempo? Ne risponderà ai giudici, ma alcuni elementi ci possono consentire di intuire il meccanismo sottostante. Le frequentazioni di Colaninno, e in seguito di Gnutti, in HOPA aprono a Ricucci la strada ai raid in borsa con cui finanzia, in parte, i suoi acquisiti immobiliari. Ma la cosa più ardita è l’utilizzo del patrimonio immobiliare per ottenere finanziamenti dalle banche (in particolare la Popolare di Lodi). Sfruttando un periodo caratterizzato dalla crescita dei prezzi delle case, Ricucci forza la mano iscrivendo i suoi immobili in bilancio a valori molto superiori (un piccolo falso in bilancio!), ottenendo così di:
• Accrescere esponenzialmente i livelli di finanziamento ottenuti.
• Con i finanziamenti scalare le banche che lo finanziano (leggero
conflitto di interesse).
• Scarica il suo rischio di impresa e i costi sul sistema finanziario.
• Ricucci non rischia nulla del suo patrimonio personale, non
ne aveva.
• Sfruttando le riforme fiscali del governo Berlusconi, realizza
imponenti plusvalenze non tassate, che probabilmente sono
finite in paradisi fiscali (nel solo 2001 sono stati accertati
circa 110 miliardi di lire!).
Il meccanismo ha funzionato e avrebbe potuto funzionare ancora se nel frattempo anche i suoi amici non avessero replicato su scala industriale lo stesso processo, con i risultati ormai noti. Come abbiamo visto un meccanismo non certo sofisticato e che dovrebbe indurre il nuovo governo a creare adeguati meccanismi di controllo e governo utili ad evitare che situazioni del genere si ripetano.


Commenti »

Ancora nessun commento

feed RSS per i commenti a questo articolo.

Lascia un commento


Attenzione: i commenti compariranno sul sito previa approvazione del moderatore

Righe e paragrafi vanno a capo automaticamente, l’indirizzo e-mail non viene mostrato, HTML è permesso: <a href="" title="" rel=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <code> <em> <i> <strike> <strong>