IL RIVOLUZIONARIO E’ IN PANCHINA?

di Fabio Alessandria

Col rischio calcolato che la rubrica si trasformi in un insieme fatale di coccodrilli, anche questo mese si deve rendere omaggio ad un grande personaggio del mondo del fòlber che se ne è andato. Non è più il caso del calcio in bianco e nero di Sivori ma di quello della prima e autentica rivoluzione arancione della storia: è morto agli inizi di marzo Rinus Michels, l’allenatore del Secolo, l’inventore degli inventori, il profeta del calcio totale. Michels ebbe una discreta carriera da calciatore dell’Ajax negli anni ‘50, con cinque presenze in nazionale. Incominciò ad allenare i dilettanti di Amsterdam nel 1960 mantenendo, nella fase di perfezionamento di schemi e fasi atletiche, il basso profilo e gestendo squadre di “quarta serie”. Nella seconda metà degli anni Sessanta arriva all’Ajax e getta le basi pratiche della sua rivoluzione. La squadra è giovanissima, incredibilmente talentuosa, composta da una straordinaria serie di atleti. Vengono aboliti il libero all’italiana e il concetto stesso di ruolo viene messo in crisi; ogni giocatore sa ricoprire almeno cinque posizioni in campo, tutti si muovono senza palla, dando al play infinite possibilità di giocata e di passaggio. Il “taca la bala” di Herrera diventa pressing organizzato su tre linee, a partire dagli attaccanti che si applicano nella prima fase difensiva. L’azione prende avvio già dai difensori che, al contrario del costume consueto (purtroppo ancora oggi) giocano palla a terra e tengono la squadra compatta e cortissima. La rivoluzione vera sta proprio nel “ridurre” il campo da gioco attraverso i movimenti di squadra e una corsa intelligente, furiosa e continua. Nel 1969 l’Ajax dei tulipani va contro l’ideologia vigente: in finale di Coppa dei Campioni c’è il Milan di Rocco e del catenaccio. Portiere paratutto, difesa bloccata con cinque uomini, centrocampisti che fanno legna, due punte fisse e il genio di Rivera. I tempi per la rivoluzione arancione non sono pronti. Rivera fa il dio e l’irruenza di Crujiff e compagni non serve a nulla. 4 a 1 e ciao bambina. Ma è solo questione di maturazione, di finezza. Due anni dopo la Coppa di Campioni viene stravinta (come le due edizioni successive, del resto) e Michels passa al Barcellona dove vince il campionato nel 1974. Nel frattempo regge anche la panchina della nazionale olandese. Il fatto di avere a disposizione Crujiff e Neeskens, Ruud Krol, Willi Suurbier, Piet Keizer, Johnny Rep fa si che gli schemi di Michels vengano applicati alla perfezione. L’Arancia Meccanica sbriciola gli avversari, distrugge l’Argentina e il Brasile, domina la finale con la Germania Ovest. Segna subito con Neeskens, poi sbaglia 15 palle-gol, i tedeschi segnano al primo tiro con Gerd Muller e al secondo (e ultimo) con Breitner. L’Olanda perde incantando e determina il suo mito. La migliore squadra europea di sempre senza nessun titolo è da subito materia della letteratura calcistica nnnnn
Michels va ad inseguire i dollari del neonato soccer americano, poi torna in Europa e riesce a far vincere una Coppa dei Campioni (1983) anche a una squadra di scartine come il Colonia. Nel 1986 torna in Nazionale, vuole la rivincita. Sono cresciuti nuovi eroi, ci sono Gullit, Koeman, Rjikaard, e il cigno Van Basten. L’Olanda trionfa all’Europeo dell’88. Coi fallimenti di Italia ‘90 e il terzo posto di Euro ‘92 (ai rigori sulla Danimarca vincitrice del trofeo) si chiude la sua carriera. Arriveranno altri allenatori, alte idee di gioco, in alcuni momenti la restaurazione catenacciara lo rimette nell’armadio delle cose strambe, ma Rinus Michels è l’allenatore con cui tutti prima o poi devono fare i conti, è l’uomo che ha cambiato il calcio rimanendo seduto in panchina…


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