GLI APPASSIONATI BACI DELLE FEMMINE VIOLENTE

di Giovanni Caiola / underdog1982@libero.it

Ci sono dischi che abbisognano di diversi ascolti prima di entrare in testa ed altri che invece si abbarbicano ai neuroni sin dal primo istante del primo ascolto. Questi ultimi sono dischi che marchiano l’anima e che, anche a distanza di anni e dopo centinaia o migliaia di ascolti, fanno gridare al miracolo e fremere i sensi. Ognuno ha ovviamente i suoi e, come c’è gente che ascoltando The Unforgettable Fire degli U2 o Reggatta De Blanc dei Police si sente svenire, a me capita con Marquee Moon dei Television e l’omonimo dei Violent Femmes. Rimandando ad un futuro articolo la saga dei Television cercherò ora di intrattenervi con due o tre notiziole riguardanti i Violent Femmes. Il gruppo che ha forse incarnato al meglio lo spirito del rock’n’roll negli anni ’80 è un trio – Gordon Gano (voce e chitarra), Brian Ritchie (basso) e Victor De Lorenzo (batteria) – che si diletta a suonare… punk acustico. Sembrerebbe una contraddizione in termini ma non lo è, perché la furia che i tre scatenano è indubbiamente punk (e di quello ottimo: anfetaminico e con gli occhi ben puntati su blues, rock’n’roll ed hillbilly) così come gli strumenti che imbracciano sono indubitabilmente acustici. Come tre ragazzi di Milwaukee siano riusciti ad avere questa idea così semplice ed efficace allo stesso tempo poi, è un caso sul quale scienza e chiesa ancora tacciono attonite. E la chiesa in qualche modo centra, dato che Gano è figlio di un predicatore battista che ha di che rimaner scandalizzato dalle liriche ben poco ortodosse del figliolo; liriche che tra l’altro procurano a quest’ultimo l’allontanamento da scuola subito dopo avervi tenuto il concerto di debutto. Ma dopo infinite peripezie arriva finalmente il giorno del debutto discografico: è il 1983, s’intitola Violent Femmes ed ha una delle più fantastiche copertine che la storia del rock possa annoverare. Una musica in transito da vampate di violenza adolescenziale ad orrorosi ricordi ancestrali è però ciò che lo rende definitivamente immortale. Dieci canzoni che bruciano ancora a più di vent’anni di distanza e bruceranno pure fra altri vent’anni o trenta o quaranta. O cento. Come scrivevo in apertura d’articolo, un disco che ogni volta mi dà le vertigini e dire che negli anni l’ho ormai ascoltato tanto da conoscerne a memoria ogni anfratto. Ma la storia dei Violent Femmes non è certo finita qua. L’anno dopo arriva Hallowed Ground e le mani già viola per gli applausi tributati al predecessore sono ora costrette a spellarsi. Altri nove brani che rileggono la tradizione del sud degli Usa (avete fatto caso che i tre provengono dal freddo nord?) con piglio sfrontato e rissoso. Altro capolavoro e davvero nulla sembra poter fermare i ragazzi… ed invece l’incontro con l’ex Talking Heads Jerry Harrison (ottimo come musicista tanto quanto pessimo nelle vesti di produttore) ci riesce eccome. Le sue manacce funeste rovinano The Blind Leading The Naked e da qui in poi anche i Violent Femmes perderanno parzialmente l’ispirazione.


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