ECOENERGY: UNA STORIA APERTA
Per chiunque abiti a Castiglione è molto difficile non conoscere, o solo non aver mai sentito parlare e discutere nei bar, nei negozi, in municipio, della Castiglione Rifiuti, azienda locale situata in via Tasso, dietro al nuovo e mostruoso casermone, che si occupa di smaltimento di rifiuti e di materie prime, del loro recupero e del loro riutilizzo. Tramite il lavoro prevalentemente di termovalorizzatori, macchinari operano su rifiuti che diventano materie prime, o su materie prime che diventano materie prime seconde. Da circa un anno la Castiglione Rifiuti ha cambiato nome ed è diventata la Ecoenergy, modifica del nome che sta ad indicare la scelta delle proprietà di lavorare quasi esclusivamente con i termovalorizzatori, mercato più richiesto e più sfruttabile. Intorno alla Ecoenergy ci sono però molte e spinose questioni, dal suo impatto ambientale, alla reazione degli abitanti di via Tasso che da un paio d’anni hanno cominciato a non digerire più le emissioni dell’azienda, dando vita ad un comitato, ai giochini di palazzo del consiglio di Castiglione, e, infine, al problema, aperto in occasione dei primi due incendi (del 6 luglio e 6 agosto 2004) della sua delocalizzazione, problema rinfocolato dal terzo incendio subito dall’azienda il 29 luglio 2005. Un groviglio intasato di elementi che in certi casi si contraddicono, una situazione che viaggia da un anno e mezzo su di un precarissimo equilibrio, rallentando ogni decisione o cambiamento, che comunque accontenterà qualcuno e farà arrabbiare altri. A tutto questo aggiungiamo il fatto che il titolare dell’azienda è Franco Nodari, coordinatore locale di Forza Italia, e diventa più facile farsi un’idea di quanto sia complicata la questione intorno alla Ecoenergy e, ora, alla sua delocalizzazione.
Andiamo in ordine cronologico: dopo il terzo e ultimo incendio, datato, come già detto, 29 luglio 2005, dopo che gli abitanti si erano mossi da tempo per contrastare, o solo per chiedere controlli e verifiche, dell’operato dell’azienda, anche il Consiglio Comunale ha preso iniziative: per mezzo della minoranza consigliare, è stato chiesto uno studio tecnico che indicasse con esattezza inefficienze, impatti ambientali oltre la norma e eventuali modifiche da apportare. Il lavoro di questo studio è stato affidato lo scorso autunno all’ingegnere Pietro Miani, iscritto all’Ordine veneziano, già conosciuto e stimato in consiglio per il suo lavoro anni fa relativo alla vecchia Albright&Wilson. Dopo qualche mese di lavoro sul campo da parte di Miani, nell’aprile 2006 il Comune ha presentato la sua relazione, che, finalmente, fissa i punti positivi e quelli negativi, strutture da conservare e strutture da modificare, impatti a norma e impatti fuori norma. Preso atto della relazione, la questione non è certo giunta al termine: il Consiglio Comunale riunitosi il 30 maggio infatti si è pronunciato contro la richiesta fatta dall’Ecoenergy di raddoppiare la sua produzione, passando dalle attuali 140.000 tonnellate all’anno di rifiuti lavorati a 300.000. Un parere negativo espresso dal consiglio e dall’amministrazione, che consapevole delle riserve già esistenti con la produzione attuale, e dei limiti evidenziati dallo studio dell’ingegnere Miani, non ha avvallato la richiesta di raddoppio. Un parere contrario è stato espresso anche dal presidente del Comitato, Giovanni Goldoni, secondo il quale “l’azienda ha tutto il diritto di espandersi, ma questo non può avvenire in via Tasso”. Questo problema nelle mani dell’Amministrazione ha creato non pochi imbarazzi e difficoltà, prendendo i consiglieri tra due fuochi, quello del titolare dell’azienda, e quello del coordinatore del maggior partito cittadino. L’affaire Ecoenergy diventa questione politica. Un problema di difficile soluzione e di imbarazzi latenti, risolto però infine dallo stesso Franco Nodari che, in seguito al trambusto scatenatosi fra giornali, sedi di partito, comitati e consiglio comunale nei giorni della richiesta di raddoppio, ha deciso di ritirare la richiesta stessa, dando, pensiamo noi, un enorme sospiro di sollievo ai banchi di maggioranza. Interpellato dalla Civetta sui motivi della rinuncia, Franco Nodari ci ha detto di aver attuato questa scelta in seguito proprio a tutte le polemiche accorse, per venire lui incontro alle critiche e, soprattutto alla sensibilità della gente. La richiesta di raddoppio è coerente con il lavoro di un’azienda, che per restare a galla e continuare ad avere un buon mercato, ha diritto e dovere di allargarsi e di potenziarsi. Nella fattispecie il raddoppio sarebbe avvenuto nei 23.000 mq ottenuti mesi fa con una variante. La zona destinata ora a deposito passerebbe a stoccaggio. Dopo quindi gli incendi, la relazione, le richieste del Comitato, la richiesta del raddoppio e la successiva rinuncia, la situazione è quella di prima, solo un po’ più chiara. Il passaggio successivo, per venire incontro al Comitato, per aumentare la produzione e per togliere l’amministrazione da imbarazzi, sarà sicuramente la delocalizzazione. Ma questa è un’altra storia.
COSA DICE LA RELAZIONE MIANI
La relazione dice che, così com’è, l’Ecoenergy ha diritto a rimanere dov’è, il suo impianto è a norma, anche se deve operare delle modifiche essenziali sul controllo e sulla sicurezza, regolamentare quell’emissione che da anni viene combattuta dal comitato di abitanti. La relazione osserva ad esempio che il rischio di incendi, elevato nel periodo estivo, e tutti noi abbiamo visto quanto sia possibile la realizzazione di questo rischio, rimarrà tale, se non viene effettuato un controllo sistematico della temperatura in mucchio e la successiva movimentazione dei mucchi stessi. La relazione quindi determina lo stato di salute dell’azienda, fissa dei parametri cui si dovrà sempre ritornare in ogni futura discussione, ma garantisce all’Ecoenergy, la sua compatibilità e il suo diritto ad operare, purché attui quelle modifiche e quegli accorgimenti descritti da Miani: “Dalla verifica eseguita, in condizioni normali, l’attività annuale (140.000 t/a) appare compatibile. […] Il rischio di incendio attuale viene valutato e deve essere ridotto. L’intervento di riduzione del rischio può essere effettuato operando sia sulla magnitudo degli effetti che sulla probabilità di accadimento. […] Per questi aspetti è necessario richiedere all’azienda un impegno molto maggiore. Qualora le proposte di miglioramento non venissero accettate e messe in atto, si renderebbe necessaria una delocalizzazione dell’attività”.
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