CASTIGLIONE DELLE STIVIERE
MOSTRA DI PITTURA
In occasione delle celebrazioni per il centenario della CGIL di Castiglione, le sale di Palazzo Menghini hanno ospitato, dal 21 al 28 ottobre, un’esposizione curata da Luca Cremonesi di vari lavori di quattro artisti della zona: Sonia Bocci, Vittorio Bustaffa, Gina De Simone e Giovanni Saviola. Animi diversi accomunati da un fare tipicamente artigianale, un poiein tormentato e continuo anche nel momento dell’ostensione pubblica. Sonia Bocci, nata a Desenzano nel 1977, nutre una passione morbosa per la natura, alfa e omega della sua personale ricerca artistica. Sonia fa la pendolare tra una splendida mimesis del visivo e un’astrazione verso la quale è portata da un processo di prosciugamento, di essenzializzazione. Nel percorso espositivo, l’epidermide si purifica del proprio surplus, espungendo la troppa attenzione al visivo. Questi floreali e fioriti ritagli di natura sono accompagnati da brevi brani poetici, personali o di grandi letterati, come suasivi haiku giapponesi, si danno a noi nella loro incantevole delicatezza. Ma la delicatezza è effimera, non eterna e i Libri vecchi testimoniano il passare del tempo, il venir meno della vanitas e la corruzione delle cose terrene. Vittorio Bustaffa ha presentato degli studi, disegni preparatori, schizzi anatomici solcati da pochi segni vorticosi e violenti usciti direttamente dai Codici leonardeschi. Il non finito di sapore antico dona alle composizioni il fascino dell’indeterminatezza e della superfetazione di figure ammassate in un luogo solo. Nudi classici, ballerine, donne fascinose e uomini inquietanti abitano le sue carte estrapolate da un unico (ipotetico) volume di disegno. Una serie di personaggi immaginifici o tratti dalla grande letteratura mondiale, in bilico tra l’incubo malefico e l’estasi onirica, campeggiava su di una parete, come in una torbida galleria di ritratti di famiglia. Gina De Simone, classe 1978, non si limita alla superficie bidimensionale, ma si confronta con la scultura e con l’installazione. Le carte informali indagano il micro e il macrocosmo, unendoli come nelle antiche teorie medievali. Un angosciante ragno tesse la sua tela sulla stanza abitata da tre figure vagamente antropomorfe: un omone senza ventre di fronte alla propria ombra, uno scheletro spersonalizzato dal suo tremendo lavoro su di un campo e un essere impegnato in misteriose evoluzioni, quasi dei rantoli, ultimo manifestarsi vitale. Di Giovanni Saviola, storico disegnatore de La Civetta, si sono potuti ammirare sette dipinti di un colorismo esplosivo, innaturale e tremendamente vitale, ritagli di minimi gesti quotidiani (tranne il fortemente politico Quarto stato del terzo mondo) in cui è la mano il focus dell’azione. Le opere sarebbero però incomplete se non ci fossero i disegni preparatori: idee rese visibili e incastrate negli angoli dei quadri, come a rappresentare un continuo work in progress, un divenire che ha sede nell’atelier dell’artista, eccezionalmente trasportato in questa sede. Ma la grande passione per i ritratti e per la caricatura è concretizzata da una teca che raccoglie un assaggio delle sue divagazioni grafiche.
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