I CONTI IN TASCA: BOCCIATI!
di Lupin III


È di pochi giorni fa una bocciatura ufficiale della politica economica dell’attuale esecutivo: il risultato non è certo incoraggiante per noi, infatti il rating (indicatore di rischiosità) è ottimo nei principali paesi europei mentre noi siamo stati declassati (BOCCIATI!) per la seconda volta in 3 anni (una volta con il centro-destra ed una volta con il centro-sinistra). L’effetto immediato sarà un aumento della spesa per interessi sul debito (altri circa 6/7 miliardi di euro da reperire). La nota più dolente, però, sta nella sonora bocciatura data dai mercati internazionali alla nostra classe politica. La classe dirigente che comanda (controlla) l’economia italiana si è confermata una volta di più incapace e disinteressata alla vere questioni di fondo del nostro paese: le riforme strutturali della spesa pubblica (dove si annidano corruzione, interessi personali e di conservazione del potere personale), che portino ad una cambiamento radicale nei processi di formazione delle aspettative di consumatori e investitori, i veri motori di sviluppo di qualsiasi economia. Bastano alcuni dati per farci capire questa inadeguatezza. Il centro-destra in 5 anni ha: aumentato la spesa corrente di 2 punti di PIL (più di 30 miliardi di euro); azzerato l’avanzo primario (che conferma l’assoluta incapacità dei responsabili della politica economica del governo Berlusconi); aumentato il debito pubblico per la prima volta dopo 10 anni (ricordiamo che è circa il 107% del PIL). Il centro-sinistra, dopo un avvio che poteva essere promettente con il decreto Bersani si sta avvitando su se stesso rispetto ad uno schema di legge finanziaria assolutamente discutibile: non è tanto la componente delle entrate e la lotta all’evasione fiscale che lasciano dubbiosi i mercati, ma l’assoluta mancanza di interventi nel lato della spesa pubblica e della riforma dei mercati protetti. In Italia la spesa conta di circa 800 miliardi di euro: è tutta produttiva o ci sono sprechi? In Italia i settori economici non esposti a forme di concorrenza sono più del 60% del PIL! In un paese che segna i record mondiali di longevità della popolazione, di bassa natalità (quindi squilibri demografici ed economici di lunghissimo termine), dove si fa di tutto per ritardare l’entrata nel mercato del lavoro e si cerca il prima possibile di mandare in pensione chi già lavora la quadratura del problema è molto complicata. Se a questi fattori uniamo bassissimo investimento in ricerca e sviluppo (indice della vitalità economica) il rischio Argentina tra alcuni anni si materializzerà concretamente.


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