COME LUI NESSUNO MAI

di Giovanni Caiola / underdog1982@libero.it

In questo articolo troverete informazioni solo sull’ultimo, triplo cd di Tom Waits. Non pretenderete che vi parli di tutta la carriera quasi trentacinquennale che l’uomo nato a Pomona (pare il nome di un buon bourbon e invece è un sobborgo di Los Angeles; ma si può nascere in posti con nomi del genere ed essere poveri diavoli qualunque?) ha alle spalle? Non pretenderete che vi riferisca di quella sua voce inconfondibile nutrita, in gioventù, con forti dosi di whiskey e sigarette, e modellata sulle ugole altrettanto raspose di Howlin’ Wolf, Screamin’ Jay Hawkins e Captain Beefheart? Non pretenderete che mi dilunghi a raccontare gli anni e anni di vagabondaggi fra un hotel a basso prezzo e l’altro che lo hanno portato a dormire – fra il ’75 e il ’79 – al mitico Tropicana dove già erano passati Jim Morrison, Fred Neil e Van Morrison? Non pretenderete di sentirmi narrare della sua diabolica amicizia, condita pure da tanto rancore, con Chuck E. Weiss e Rickie Lee Jones? Non pretenderete che vi sfogli qui le pagine del suo felice matrimonio con Kathleen Brennan, evolutosi poi anche in una stellare collaborazione artistica? Non pretenderete che m’ingegni a raccontarvi di come dopo le nozze Tom sia paradossalmente ringiovanito, e dopo aver passato anni a scrivere ed incidere ballate pianistiche notturne e malinconiche abbia cominciato a fare musica straordinariamente eccentrica usando come strumenti oggetti solitamente delegati ad altro uso (pentole, lamiere, assi di legno, bottiglie, ecc.) seguendo gli insegnamenti di Harry Partch? Non pretenderete che vi ragguagli sui suoi fecondi rapporti col mondo del cinema, che all’inizio l’hanno visto nel ruolo di compositore di colonne sonore (per Francis Ford Coppola, nientemeno) e poi si sono approfonditi così tanto da farlo divenire un attore quasi professionista (Daunbailò di Jim Jarmush è da vedere ad ogni costo)? Non pretenderete che spenda parole preziose per elencare tutto il favoloso parco di artisti – quasi a caso: Johnny Cash, Tim Buckley, Solomon Burke, Bruce Springsteen, Ramones, John Hammond – che lo hanno omaggiato con delle cover? Non pretenderete che vi descriva uno per uno tutti i suoi dischi, dei quali almeno una mezza dozzina (Small Change, Blue Valentine, Swordfishtrombones, Rain Dogs, Mule Variations e Real Gone) dovrebbero essere posseduti da chiunque, ma proprio chiunque, voglia dotarsi di una buona discoteca degna di questo nome? Non pretenderete forse che adesso mi lanci in altisonanti panegirici riguardanti Orphans, il triplo di cui parlavo all’inizio dell’articolo e che si è rivelato essere un bellissimo riordino d’archivi stracolmo di brani immortali che rischiavano di andar perduti fra questa e quella antologia ormai fuori catalogo da un pezzo? Non pretendevate tutto questo, vero? Già, perché in tal caso avreste dovuto rivolgervi a qualcun altro e non a me, qualcuno che magari per Tom ha solo una passioncella leggera ed è quindi in grado di mantenersi obiettivo. Umilmente vi chiedo scusa.


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