MITI DA UN LUOGO LONTANO

di Roberto Teotti


La ‘nostra’ società è composta da individui che solo pochi anni addietro erano considerati ‘altri’. E quale modo migliore per famigliarizzare con chi ci sta intorno se non curarsi delle sue abitudini, delle sue tradizioni, della sua arte. Smascherando l’Africa, la mostra organizzata dai Missionari Salesiani nel chiostro di San Cristo a Brescia, visitabile fino al 16 gennaio, si pone proprio questa finalità. Gli oggetti esposti e le numerose spiegazioni sono un’ottima base per chi voglia tuffarsi nelle consuetudini delle tribù del “continente nero”; un mondo, va detto, anch’esso in estinzione. La prima parte, per così dire introduttiva, presenta oggetti della quotidianità. La semplicità degli utensili, che denotano uno stile di vita spartano, ci può ricordare la società rurale dei nostri nonni. È evidente però una volontà di trasfondere anche nel più piccolo manufatto una simbologia ben definita, antica; ma pure la capacità di rendere un oggetto sia in modo funzionale sia espressione di una personalità creatrice. Sono mostrate pipe, coltelli, strumenti musicali ricavati con legno e metallo, generalmente realizzati da uomini, così come tessuti, ceste di vimini, pettini, oggetti questi prodotti da donne. Ma entrambi i sessi ricercano, e rendono palese, un contatto simbolico con le forme naturali da cui dipende il loro sostentamento. Attraverso di esso ogni creazione è imbevuta di significati che la rendono preziosa e la avvicinano al mito, alla religione. Non cogliere questa caratteristica vorrebbe dire decontestualizzare il manufatto, privarlo della sua funzione sociale. Nella seconda parte trovano spazio le tipiche opere dell’arte africana. Maschere e statue si susseguono nella stanza, riempiendola di suggestioni tribali. Ciò che s’è detto per un utensile quotidiano non può che crescere esponenzialmente per questi oggetti, anche a prima vista affascinanti, quasi inquietanti. Ognuna possiede una carica mistica perfino pericolosa, tanto che sia a chi la produce sia a chi la indossa è richiesto un atteggiamento e una dedizione particolari. In ogni cerimonia che scandisce la vita della comunità svolgono un ruolo di primo piano. Tutte in legno, ma spesso con aggiunte vegetali e metalliche, tutte in buono stato, anche se visibilmente usate, queste opere raccontano di luoghi lontani, di riti ancestrali, in cui la loro funzione non è di statica rappresentazione ma di dinamica evocazione. Grazie a esse è possibile il contatto extraumano. L’artigiano che le realizza è ispirato dal passato, ogni opera deve essere capita da coloro a cui è destinata, e al tempo stesso prosegue una sperimentazione plastica e iconografica che, nei casi migliori, porta a lavori di grande valore. L’arte africana è concettuale perché ricerca, attraverso schemi formali prestabiliti, un significato culturalmente simbolico; che purtroppo ci arriva attutito ma non declassato nella sua purezza primitiva.


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