FARIAN SABAHI A CARPENEDOLO

di Luca Cremonesi

Sabato 20 Gennaio presso il Piccolo Teatro di Palazzo Laffranchi a Carpenendolo si è svolto l’incontro con la giornalista Farian Sabahi, intervistata da Ivana Trevisani, per la presentazione del suo ultimo lavoro Islam: l’identità inquieta dell’Europa (Il Saggiatore, 17,50 euro). Farian Sabahi è giornalista professionista. Nata in Italia da padre iraniano e madre italiana, si è laureata in Italia e ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia dell’Iran presso la School of Oriental and African Studies di Londra. Vive a Torino. Scrive di mondo musulmano e Medio Oriente sul Sole 24 Ore, collabora con Io donna, D di Repubblica e Diario, esclusivamente su temi riguardanti l’Islam e l’Iran. La lunga presentazione di Ivana Trevisiani ha deviato l’attenzione e gli intenti dell’autrice la quale, avuta la parola, ha esposto le motivazioni del suo viaggio-inchiesta: incontrare gli islamici che vivono in Europa e raccontare la loro condizione, un viaggio, dunque, che ricorda quello di Paolo Rumiz (collega della Sabahi) fra i cristiani in Medio Oriente (Gerusalemme perduta, Frassinelli) e che ha il merito di esserci narrato con uno stile sobrio e veramente chiaro. Donna energica nonostante la giovane età, la Sabahi dimostra maturità di pensiero e, soprattutto (cosa gradita a chi scrive) una chiara e precisa appartenenza. Sabahi è consapevole delle problematiche quotidiane legate all’integrazione, ma è anche una fervida sostenitrice dell’esigenza di un radicale riformismo interno all’Islam. A una precisa domanda del sottoscritto, che verteva sulla necessità di incontrare e sostenere con la nostra azione/testimonianza i moderati del mondo islamico, Sabahi ha risposto che spesso è difficile incontrare queste persone perché vivono clandestine. Il suo lavoro di giornalista consiste anche in questo: creare spazi per permettere a queste persone di dialogare e iniziare quel lento, ma necessario (a suo dire), processo di modernizzazione dell’Islam. Per Sabahi questo processo deve nascere dalle seconde e terze generazioni di immigrati che hanno avuto, come lei, la possibilità di studiare in altri paesi. Tale riformismo, afferma Sabahi, deve essere costruito a partire da due punti fondamentali: il riconoscimento dello Stato di Israele e dei diritti delle donne. Posizione forte e forse non priva di contraccolpi ideologici, ma sono rimasto colpito dalle convinzioni e dal carattere di questa giornalista anche, e soprattutto, nel momento della risposta al solito astante che si diverte a ribadire che se noi permettiamo di costruire moschee, allora anche in Arabia si deve poter costruire una chiesa. Sinceramente non capisco perché dovrebbe esserci una chiesa in Arabia, forse queste persone che ne sentono la necessità, e la rivendicano appena possono, voglio recarsi a messa prima in quel paese o sono seriamente intenzionate ad emigrare in quello Stato. A questo si aggiunga ciò che Sabahi ha risposto e che condivido in pieno: l’Occidente si fa bello della sua democrazia e libertà contro i paesi chiusi e non democratici. È la nostra condizione (che da qualcuno, con onore e gloria, è riconosciuta come superiore) che ci impone d’essere aperti e democratici, altrimenti non vi sarebbe alcuna differenza con i paesi che definiamo nemici della libertà. Ricordiamo che venerdì 16 febbraio, stessa sede ma alle ore 20.45, Mario Capanna presenterà Coscienza Globale (Baldini & Castoldi).


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