PROMEMORIA PER LA PROSSIMA CAMPAGNA ELETTORALE - DI LUPIN III


Proseguendo nel nostro viaggio nei meandri dello sperpero del denaro pubblico, è utile riportare alcuni dati della ragioneria centrale dello stato che, in un interessante studio pubblicato nell’autunno 2006, ha rilevato il livello di assenteismo medio dei dipendenti statali, a tutti i livelli della macchina amministrativa. L’indagine ha messo sotto esame i 9.811 enti, dai ministeri, agli ospedali, alle scuole, agli enti pubblici non economici (Aci, Istat, Cnr, Croce rossa, Ice, gli enti previdenziali, l’Enea, ecc.). Il quadro che emerge, con i dovuti distinguo e le doverose attenzioni che si devono porre quanto si commentano dati di tipo statistico, mostrano un panorama decisamente preoccupante della produttività e, in alcuni casi, del menefreghismo che serpeggia nella burocrazia statale (questo vale a qualsiasi livello contrattuale). In parole molto più semplici e dirette, ogni dipendente pubblico si assenta dal lavoro per circa 50 giorni all’anno: 29 giorni di ferie retribuite, 19 giorni tra permessi retribuiti e malattie (tutti questi giorni sono retribuiti) e poco più di 2 giorni di assenze non retribuite. Il tutto produce una perdita di giornate lavorative durante l’anno misurabile in ben 160.000.000 giorni! Vediamo ora di capire, a livello di singole amministrazioni, come si disaggregano i dati, quanto meno per evitare di equiparare tutti i lavoratori ad un medesimo impietoso giudizio. Nel comparto della scuola le giornate medie perse risultano 44, valore che si impenna a 58 giorni quando parliamo della Sanità. Ma in testa, con ben 69 giorni medi di assenza (più di 2 mesi) troviamo i dipendenti degli enti pubblici non economici: 61.645 lavoratori hanno, in media, riposato, nel 2005, per 4.255.368 giorni! Anche i dipendenti di regioni, province e comuni non si difendono male: in media hanno fatto registrare, sempre nel corso del 2005, poco più di 50 giorni di assenze dal lavoro, in media con il valore assoluto. Una stima del costo economico di questo fenomeno dovrebbe, giustamente, calcolare tanto gli oneri diretti (le giornate effettivamente perse dall’amministrazione e comunque calcolabile) con gli oneri indiretti che tale malcostume produce; ed infatti, spesso, grazie alla inefficienza crescente che si genera nella macchina statale, il nostro paese scala sistematicamente, al contrario, le vette dell’efficienza economica e della competitività: nell’ultimo rapporto del World Economic Forum il nostro paese è al 42 posto al mondo (su 125 analizzati) a testimonianza della macchinosità, inefficienza e anti-economicità dei nostri servizi pubblici. Speriamo che il nuovo accordo tra Sindacati e Governo possa effettivamente aprire una nuova storia nel mondo del lavoro pubblico, sino ad oggi troppo protetto e difeso a scapito dei costi e sacrifici che i consumatori e le imprese hanno dovuto sopportare.


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