DIALOGO SU DUE PIEDI


Carmelo Bene e Enrico Ghezzi a parlare del fòlber. Una terrazza ariosa, lussuosa. Vino a fiumi e filòs estetico sportivo. Un amico comune si traveste da dio del nazional-popolare, registra la conversazione e, dalle trascrizioni, nasce questo libercolo strampalato e interessante dove le prodezze al volo del macchinoso Egidio Calloni si intersecano all’atletismo della Russia meccanica di Blochin. Della passione di Carmelo Bene per il calcio, da quello alla moviola degli anni Cinquanta fino a quello supersonico degli ultimi giorni della sua vita ci sono varie testimonianze, non ultima la famosa petizione di cui fu firmatario, assieme ad un nutrito gruppo di vallette e intellettuali, per tenere sulla panchina della Roma il boemo Zeman, profeta della scuola “sudista” del calcio d’attacco, e per la contestazione al suo sostituto, il nordico sergente Capello. Stupisce, al contrario, la padronanza in svariati campi di Enrico Ghezzi che, abbandonati per una volta (anche se parzialmente) i panni del dotto topo d’archivio cinematografico parla di dribbling e saudade, della sua passione per Rivelino e Romario con la naturalezza di chi si è fatto le ossa dentro ai caffè. Seguendo tutto lo sport possibile grazie a qualche mistico apparecchio tecnologico o grazie all’immaginazione, per una volta figlia non solo di sovrastrutture (è brutto lo so ma non c’è un termine più preciso…) filosofiche bensì di un’adolescenza passata con l’orecchio teso alla radio con una punta d’angoscia. Certo il dialogo tra i due tende allo stupefacente e così si scopre che Rivera, pur essendo bellissimo nei suoi lanci, la classe aristocratica e quant’altro non resta negli occhi perché marca pochi gol (mentre in realtà è il terzo cannoniere della storia del Milan e di reti ne ha fatte più di centotrenta), oppure che “l’Olanda giocava con ossessivo uso del lancio lungo” (quando tutti, anche i bambini, sanno che reinventò il gioco corto, fatto di scambi brevi e palla a terra) oppure ancora che la partita allo stadio è noiosa perché si vedono anche i giocatori senza palla, “con le mani sui fianchi” (paradosso evidente dato che la tv uccide il calcio perché ammazza la nobiltà del movimento senza palla, per questo la partita la si “vede” solo allo stadio…). Forzature evidenti di uno scambio, a mo’ di dialogo greco, dove ci sono però davvero infiniti spunti e, cinema, letteratura e un ossessivo culto della bellezza si fondono senza sosta. D’altronde non si può capire la poesia se non si è mai stati a San Siro a veder giocare Van Basten…
(Fabio Alessandria)


di C. Bene e E. Ghezzi
Bompiani - 6,00 euro


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