LA CITTÀ E IL MUSEO

di Stefano Nardi

Alcune città nascono da un sogno: un sogno di potere, o di ordine, o di armonia. Alcune sono state edificate perseguendo un progetto, altre sono sorte casualmente, via via agglomerandosi in modo non ordinato. Alcune sono antichissime, fatte e rifatte più volte sulle stratificazioni delle precedenti; altre sono recentissime, artificiali, scostanti, fredde. Alcune hanno strade squadrate, perpendicolari, rapide; altre gomitoli contorti di vie intricate, tortuose, oscure. Alcune sono scavate nella solida roccia; altre strutturate nell’acciaio; altre ancora, equoree, galleggiano su palafitte: leggere, instabili, ondivaghe. Alcune sono estremamente dinamiche, movimentate, disordinate, caotiche, rischiose; altre pacifiche, calme, rilassanti, un po’ sonnolente. Alcune sono ricche, opulente; altre povere, disadorne, misere. Alcune sono linde, nette, ordinate; altre sudice e malsane. Alcune sono leggiadre e gentili; altre disarmoniche e squallide… Ma un particolare anelito tutte (quasi tutte) le accomuna: i loro abitanti si ingegnano e si impegnano ad instaurare delle atmosfere di vivibilità, di agio, di piacevolezza, di elevazione, promuovendo e sostenendo azioni per gratificare lo spirito, esprimendo l’umana ambizione a creare delle isole di ristoro dell’animo: i luoghi della cultura, dell’arricchimento spirituale: le biblioteche, i teatri, le sale da concerto, i musei.

Il Museo è il luogo elettivo dell’anima.
Qui l’uomo si trova al cospetto della espressione più elevata della mente: l’Arte. Qui egli prova le emozioni più suggestive, forti, sublimi; o anche turbative, inquietanti, sconvolgenti. Il Museo, tempio delle umane creazioni, luogo magico ed evocativo, consacrato a celebrare il rito dell’Arte, luogo dove aleggia il genio, la scaturigine più alta della psiche. Dimora delle Muse e di quanto esse hanno ispirato agli umani. Sede che precipuamente accredita il blasone di aristocrazia alle Città e rende più affascinanti quelle leggiadre e meno sgradevoli quelle dimesse (Parigi non sarebbe “Parigi” senza il Louvre, o Firenze senza gli Uffizi, o Basilea senza la Beyeler, o Rovereto senza il Mart………..). Ma il Museo deve possedere una “forma”, una costituzione che lo connoti, una essenza che gli conferisca l’aura di sacrale stato: non mero ed anonimo contenitore, ma struttura dove balugini quel lucore fatato che ne impregna il costrutto e che si avverte e percepisce varcandone la soglia. Il Museo non è tale se non ha l’”imprimatur” e se non viene dotato di una organizzazione che ne conduca, con la necessaria competenza, le funzioni ed i lavori; che ne abbia cura, lo preservi da contaminazioni e vigili contro il degrado e lo svilimento. Senza questa compagine il Museo non acquista smalto e lucentezza; rimane banale e sbiadito contenitore, amorfo luogo che non “funziona”. Purtroppo alcune (poche) situazioni gestionali tralignano per insensibilità, miopia, inerzia e latitano, disperdendo e trascurando un bene pur disponibile. Ed un patrimonio potenzialmente eccellente rimane inutilizzato e negletto.


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